volubilità, il tuo nome è donna

Debbo rettificare a tempo di record quanto scritto giusto ieri: la mia collega che mi aveva scomunicato – tolto il saluto – senza che ne sapessi il motivo, da oggi ha ripreso a sorridere e salutare (forse con un tantino troppo di enfasi), ancora senza che sia in grado di capire cosa è cambiato.

Sono bendisposto ma temo la formazione reattiva che mai come a Modena ho avuto occasione di sperimentare e temo le non imputazioni: non sono amabile perché originario di Parma (certo l’essere ducali importa una naturale superiorità ed amabilità, ma moderazione …) o perché sono un capetto (temo la mistica del capo ed i grattacapi conseguenti, con tanto di invidia, paranoia e sudditanza al capone – o cappone come dico io – perché c’è sempre un capone sopra, a prescindere) o per chissà che altro.

Io stesso non sono indenne da questo errore anche se ho imparato una qualche difesa.

Oggi, poi, compleanno di Umberto e di Fabio, ricordo con piacere proprio due persone che hanno contribuito tantissimo alla mia crescita, due partner che hanno saputo riconoscermi meriti e demeriti, investendo con apertura di credito un proficuo rapporto che posso ben chiamare, a posteriori, di amicizia anche se meriterebbe ben altra e meno banalizzata definizione.

A posteriori, però: il porco è creato dalla perla, non preesiste.

Nei giorni passati sono stato protagonista di un episodio divertentissimo, coinvolto un collega col quale ho avuto, in passato, un’altra divertente vicenda linguistica: ordunque il collega, laureato, quindi presumibilmente con una certa cultura (ma vedasi quanto detto sopra), vedendo nel mio ufficio un disegno a matita, con la scritta Roma, omaggio a Hopper mi dice: “ma sei matto a tenere un disegno di Hopper qui? Tienilo a casa, esponilo a casa tua” e continua convinto “conosco Hopper per le sue opere e mi piace molto, così, sapendo che è di Hopper mi piace anche questo”; io confermo l’autore e gli spiego che lo tengo in ufficio perché è più protetto che a casa mia.

Il giovane e simpatico collega (che peraltro si rifiuta, come tutti gli altri cui l’ho proposto e domandato, di farmi da modello per i miei esperimenti di ritrattistica fotografica) non contento mi riferisce che Hopper è ben diverso dalle croste che vede appese al muro (anche queste raccolgono unanimi dissensi) e che critica dicendo che probabilmente l’informale nasconde l’assenza di contenuti e l’incapacità tecnica di esprimerli.

Com’è ovvio il disegno non è di Hopper: è un prodotto autarchico (fai da me) del sottoscritto che, in occasione della mostra tenutasi a Roma – correva l’anno 2010 – approfittava dell’opportunità offerta a tutti i visitatori di utilizzare un foglio bianco e di un dipinto rappresentato tramite diapositiva delle stesse dimensioni del foglio sulla quale il foglio era appoggiabile, insomma un abbozzo di calco.

Un collega platonico, insomma, potenza delle idee, che ritiene buona un’opera perché ritenuta di un autore famoso: ha un futuro come critico.

Ringrazio, infine, una collega bionda e con gli occhi verdi che l’altra sera ci ha deliziati con uno straordinario tiramisù e che, richiesta, non ha tenuto gelosamente per sé la ricetta che offro a chiunque voglia approfittarne a suo onore:

dunque gli ingredienti:

1|2 kg di mascarpone;

4 uova,

5 cucchiai di zucchero

cioccolato fondante q.b.

pavesini

Montare a neve gli albumi;

montare tuorli con 3 cucchiai di zucchero; unirli agli albumi montati ed aggiungere i restanti due cucchiai di zucchero.

Mescolare bene il tutto unendo un po’ di cioccolato a pezzi non troppo grossi ma nemmeno microscopici (deve sentirsi in bocca);

Intingere i pavesini nel caffè (freddo sennò si spappolano) e alternare agli strati di crema.

Spolverizzare con cacao dolce.

Il risultato è ottimo: garantisco, un grazie di cuore ad Antonella

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