Ultimo giorno dedicato alla visita di quel che Agostino si era perso, ad esempio la cattedrale, il che mi permette di visitare la Igreja dos Carmelitos, poi un po’ a zonzo fino a che non decidiamo di attraversare il Ponte Luís I; qui scatta il momento di crisi per cui me ne torno indietro a prendere la metro per poterlo attraversare: semplice escamotage per superare l’inghippo (devo constatare che sono peggiorato col tempo; ricordo che a Budapest quando si trattò di attraversare il ponte col nome impronunciabile, ci riuscii anche se con immensa fatica); attraversato il ponte costruito da Eiffel, cui evidentemente piacevano le travi di ferro, ci siamo trovati a Vila Nova de Gaia, il paese “frontaliero” di Oporto; qui siamo andati dritti alla meta, cioè il pranzo visto che nel primo pomeriggio saremmo dovuti tornare in aeroporto.
Dopo qualche esitazione agostiniana dovuta al suo timore di scendere e quindi dover risalire, arriviamo sulla riva del Douro che scorre placido e maestoso tra le due città: l’unica cosa che non manca sono i ristoranti, i prezzi sono praticamente uniformi (devono avere costituito un cartello) e l’offerta punta molto sul famosissimo vino, il Porto, che vien venduto a prezzi non esattamente economici.
Decidiamo per uno dei tanti ristoranti e chiediamo bacalhau a … non ricordo, comunque coi frutti di mare ovvero vongole e gamberi.
Il piatto decidiamo di accompagnarlo con una bottiglia di vino e cosa se non il Porto? siamo così decisi che sbaglio l’ordinazione e chiedo una bottiglia ben più economica, che costa 8 euro; è vino bianco davvero squisito (credo che in un ristorante italiano l’avremmo pagata il doppio come minimo).
Sarà il caldo, col sole che brilla festosamente sulle nostre teste accaldate o il pensare che è il giorno del ritorno ma il vino scivola via che è un piacere e devasta i nostri cervelli, creando uno stato di leggera eccitazione tale da, nell’ordine, farmi ad acquistare un paio di occhiali verdi da uno che sembrava un venditore abusivo (ma spero di no) e farmi percorrere a passo svelto ma senza intoppi l’arcata inferiore del ponte di ferro (forse perché è molto più basso), per chiudere con la risalita di 205 gradini senza, quasi, battere ciglio per arrivare all’altezza della metro.
Così in allegria transitiamo per varie piazze e vie del centro per tornare a recuperare i bagagli e prendere la via di casa.
Vacanza positiva come non speravo.