L’asino, famosissimo, di Buridano, muore di inedia di fronte a due mucchi di fieno assolutamente identici, non potendo scegliere tra i due perchè non c’è modo di poter decidere quale preferire.
Il racconto è un famoso paradosso, come quello ricordatomi da Gabriele Trivelloni qualche giorno fa (Achille e la tartaruga): cosa non funziona in questo? prendete davvero un asino che abbia appetito e mettetegli di fronte due mucchi di biada uguali e vedrete che solo un uomo, non certo un somaro, sarebbe capace di morire d’inedia.
Bisogna essere uomini, non somari, per cadere nella trappola di una scelta astratta, teorica, così come solo un uomo, il pièveloce Achille, può farsi sconfiggere da una tartaruga.
Innanzitutto è sbagliata l’idea della corsa: non ci sono tartarughe da battere, salvo essere già stati battuti, ma allora la soluzione è lasciar cadere il pensiero della competizione cioè il raggiungimento dell’ideale o anche solo il paragone con quello.
Il famoso e famigerato superio è quella costruzione che crea la tartaruga e le dà la forza invincibile che la sostiene: invincibile perchè, appunto, se si entra nella logica della tartaruga, non esiste possibilità di vittoria.
L’asino di Buridano mi sembra simile: in questo paradosso è attaccato il criterio di scelta.
Non il principio di piacere (per cui mangio uno dei due mucchi e l’altro, beh lo sfrutto per invitare una bella somara, oppure lo metto in magazzino per la sera o che altro mi verrà in mente) ma un criterio astratto, apparentemente logico, di una logica divenuta pura e quindi paralizzante.