Cosa c’entro io con un umarell e le ferrovie?
Nulla in apparenza se non fosse che, nel pieno di una giornata densissima di problemi personali, mi arriva un messaggio del mio capo che mi informa di un incidente ferroviario in quel di via Toscana, a poche centinaia di metri da casa mia.
Incuriosito dalla straordinarietà dell’evento – l’ultimo fatto tragico accadde decine di anni addietro, uno di quelli di cui giustamente non si parla sui giornali – ho infilato un paio di scarpe in grado di dare sollievo alla tallonite che mi tormenta da giorni ed ho fatto esattamente quello che non si dovrebbe in occasioni come queste, mi sono recato sul posto.
Ci ho impiegato non più di due minuti, ma già da una certa distanza si poteva intravedere il pietrisco della massicciata sparso lungo la strada.
Arrivato in via Toscana, mi aspettavo di trovare chissà quale disastro ed invece, fortunatamente, soltanto forze dell’ordine, vigili del fuoco e personale del 118.
La scena, vagamente surreale, mi suggeriva la superficie lunare, con tutte queste pietre, di medie dimensioni, sparse per centinaia di metri; sulla massicciata, oltre ad alcuni pali divelti, un paio di ruote che, per la posizione, non promettevano nulla di buono.
Del treno nessuna traccia; raccolte due informazioni sui possibili feriti, grazie al cielo niente di serio, ho deciso di togliere il disturbo ma soltanto dopo avere salutato un collega e avvisato che mi sarei fermato all’intersezione con via Testi per avvisare gli automobilisti in arrivo, deviarli a sinistra, in attesa del sopraggiungere di una pattuglia.
Mal me ne incolse, perché in quel frangente, a mia insaputa, sono stato immortalato da un fotografo, il cui scatto è poi finito sulla prima pagina del giornale locale, cosa di cui mi vergogno profondamente.
Giunto all’incrocio che vi ho detto, per qualche minuto ho fornito supporto agli automobilisti, motociclisti e biciclettisti (o velocipedisti?) in transito ed ho rinnovato un’esperienza che avevo già avuto modo di vivere in altre occasioni.
Dovete sapere che, trovandomi in borghese e fuori servizio, negli anni mi sono trovato in alcune occasioni – sinistri stradali ovvero incidenti gravi ed anche mortali – a dirigere il traffico in attesa di una pattuglia: nessuno degli automobilisti ha mai fatto polemiche o disobbedito alle segnalazioni manuali che impartiva questo ben piazzato cittadino.
Cosa c’è di strano vi domanderete? Beh provate ad indossare una divisa e a chiudere un tratto di strada o effettuare una deviazione: l’80% degli automobilisti si fermerà per chiedere qualche informazione, obiettare che sarebbe stato meglio scegliere una diversa modalità di chiusura o, infine, per comunicarci che lui ha proprio bisogno di andare lì.
Mi è successo che l’interessato doveva tornare a casa, andare al lavoro, a un battesimo, a un matrimonio, una ragazza piangendo tanto disperatamente quanto istericamente (e senza motivo) che doveva andare ad un funerale (ma le lacrime non erano per il deceduto ma per il suo presunto ritardo, che non c’è stato), un marito che doveva accompagnare la moglie incinta in ospedale (peccato percorresse la strada in direzione opposta) e chissà che altre motivazioni.
L’uniforme, insomma, invita gli altri ad essere importuni ed è come il polline degli umarell.
Giusto una signora, ci ha provato, dicendo (ma non rivolta a me) che bisognava mettere dei cartelli, proposta geniale, come se le pattuglie girassero per la città con al seguito cartelli informativi.
Così facendo mi sono sentito meno umarell ma già mi sono intravisto, quando la riforma della piangente Fornero (che i coccodrilli hanno preso ad esempio) me lo concederà, pensionato che cala in picchiata, come un avvoltoio, sui cantieri stradali.
Mi restano alcuni anni per evitare di imboccare questa china pericolosa, spero di mantenere tanti amici che mi vorranno aiutare a dedicarmi ad altro.
Dopo avere scoperto il fascista eterno, ho scoperto anche l’eterno umarell che è in ciascuno di noi
Parma, 11 luglio 2024 solennità di san Benedetto abate