Santa Maria di Campagna è una basilica di Piacenza che mi era sfuggita (per via della distanza dal centro) in occasione della mia visita nella seconda città del Ducato.
Quando gli amici di sempre, Gabriele e Silvia, mi hanno proposto di cenare da loro non ho pensato minimamente di rifiutare (è sempre un piacere gustare i manicaretti che Silvia prepara con tanta cura), quando poi hanno aggiunto la proposta di andare a visitare la basilica di Santa Maria di Campagna non ho esitato ad aderire con entusiasmo.
Premetto che sarei per l’abolizione dei festeggiamenti per capodanno, che ritengo una forzata, quindi angosciosa, obbedienza ad un rito scaramantico che celebra un banale trascorrere del tempo secondo istanti sempre uguali e, nello specifico, differenziati soltanto da una particolarità individuata dal calendario, cioè quella di concludere una serie ed iniziarne un’altra: rimando alla differenza tra kronos e kairos di cui ho ampiamente trattato in altre occasioni.
Ero atteso a cena per le 20.00 in quel di Fidenza, in compagnia anche di un altro commensale, a me sconosciuto (poi rivelatosi persona cortese, cordiale e piacevolissima); purtroppo, per motivi di servizio mi sono dovuto trattenere al lavoro proprio fino a quell’ora (in straordinario, coatto), ma non me ne lamento; il tempo di cambiarmi d’abito e mi sono spostato nella cittadina di provincia dove mi attendevano gli affamati commensali.
Terminata la deliziosa cenetta, eccoci a Piacenza: in biglietteria mi convincono che la salita alla cupola non comporta problemi di acrofobia cosicché, fidandomi, ho accettato di salire fino agli affreschi del Pordenone che costituivano il motivo della visita.
Nostra guida una cortese signora di origini straniere che ogni tanto si inceppava con l’italiano; mi ha fatto piacere trovare una persona così cortese ed entusiasta di condurci per le anguste scalette che hanno messo a dura prova le mie abilità di contorsionista e questo le è valso abbondantemente il perdono per le indecisioni linguistiche.
Ho avuto modo, quindi, di arrivare in cupola ed apprezzare gli affreschi di Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone, che mi sono piaciuti senza entusiasmarmi.
La cupola, comunque, è molto più bella se vista dal basso che non dai ponteggi, tuttavia è valsa la pena ascendere fin dove siamo arrivati perchè sono visibili dei dettagli che da sotto sono difficilmente percepibili; abbiamo anche approfittato dei finestroni per godere dello spettacolo dei fuochi d’artificio che si sono tenuti in (presumo) centro città (scelta decisamente alternativa a quella di Parma).
Tornati a terra, dimensione a me molto più congeniale, abbiamo potuto visitare l’intera basilica di Santa Maria di Campagna che ho apprezzato molto: ne sono scaturite svariate fotografie, com’è consuetudine.
Basilica in origine di forma a croce greca (ritenuta la forma perfetta dagli umanisti), è stata edificata al posto di un oratorio dove il pontefice di allora, Urbano II, durante il famosissimo Concilio di Piacenza, aveva lanciato l’idea di proclamare la crociata, come in effetti fece poi al Concilio di Clermont: correva l’anno 1095.
Bei ricordi dei miei studi universitari, spazzati via da questa triste carriera.
Della chiesa ho gustato un bel Sant’Agostino, sempre del Pordenone ed un gustosissimo San Giorgio e il drago (e quando mai san Giorgio è senza drago e pulzella indifesa al seguito?) opera di Bernardino Gatti, autore a me del tutto ignoto.
Il santo, a cavallo di un poderoso animale bianco, è sul punto di assestare il colpo di grazia al mostro già ferito, in una scena molto dinamica cui assiste la giovane indifesa e impaurita che verrà salvata dal santo.
Seguono le due cappelle decorate dal Pordenone e dedicate ai Re Magi e a santa Caterina d’Alessandria: entrambe molto belle, forse migliori anche della cupola, almeno secondo il mio gusto: l’Adorazione dei Magi è splendida.
In particolare ho apprezzato la disputa tra la santa e i filosofi, riconoscimento del valore della ragione.
MI è piaciuta molto anche la statua di Ranuccio I Farnese, molto devoto della chiesa e a me già famoso per altri episodi; la statua è opera di Francesco Mochi, l’autore delle statue dei cavalli nell’omonima piazza piacentina.
Ho scoperto successivamente, parlando con una deliziosa collega, che la basilica di Santa Maria di Campagna è famosa per via di un esorcismo avvenuto del 1920 che è passato alla storia perché tutte le “sedute” sono state trascritte.
In piena obbedienza, una volta tanto, alla Chiesa, non sto ad occuparmi di questa vicenda perché è un tema viziato normalmente da curiosità morbosa ed inutile.
La cupola, molto bella vista dal basso, non è stata completata dal Pordenone ma da un suo allievo, Bernardino Gatti detto il Sojaro che è l’autore anche della cupola della Basilica della Steccata a Parma.
Debbo ringraziare Silvia e Gabriele per l’invito, che mi ha fornito l’occasione per una visita notturna che, da solo, non avrei mai pensato di fare; debbo anche ringraziarli per lo splendido regalo natalizio, l’ultimo volume di Philippe d’Averio, di cui siamo tutti decisi sostenitori; un grazie anche al commensale di cui taccio il nome non avendo chiesto il permesso di citarlo, per la piacevole compagnia.
Parma, 31 dicembre 2018 1 gennaio 2019 nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio.