Trovatore al Regio

Dando seguito all’invito dei mitici Gabriele & Silvia, sono andato a sentire Trovatore al teatro Regio, nell’occasione del primo mese nella nuova sede di lavoro; in realtà la data giusta era ieri ma mica potevo anticipare l’opera, quindi mi sono adeguato.

Giornata iniziata in maniera non entusiasmante con accenni di virus paranfluenzali; quando, nel primo pomeriggio, chiudo la cantina, sento cedere una parte dei muscoli paravertebrali sinistri con conseguenti fitte dolorose che mi fanno assomigliare a Rigoletto, nell’incedere da gobbo.

Decido, comunque, di non venir meno all’appuntamento e, a fatica, arrivo fino al teatro; una volta entrati ci mettiamo alla ricerca dei posti ma quello sui gradini che individuo io non permette una buona visione, per non dir che non si vede nulla.

Fortunatamente una signora mi informa che il posto a fianco della sua amica è libero così riesco ad accomodarmi (che è  un modo di dire vista la ristrettezza del luogo) insperatamente sulla poltroncina n. 128 del loggione, in posizione quasi centrale. Unico neo è la presenza, davanti a me, di un giovanotto che è alto direi almeno 2,05 che mi chiude una parte della visuale, ma è un dettaglio da nulla di fronte all’emozione che provo sempre quando sono a teatro.

Inizia l’opera e si notano subito un paio di elementi deludenti: la scenografia, scarna, quasi anoressica e i costumi, tutti monotamente grigi o neri, salvo quella botta di vita che è la sciarpa di Manrico, un po’ poco anche per uno bendisposto e tollerante come me.

Silvia nell’intervallo mi propone una veloce riflessione sull’isolamento dei personaggi che, anche nei duetti, sembrano non “parlarsi” mai; effettivamente sembra che ciascuno sia chiuso nella sua storia che pare incrociare quella degli altri solo casualmente.

Alla fine applausi, ma anche durante l’opera, per tutti, non tutti meritati; gli amici esperti salvano il Conte di Luna, Leonora ed Azucena oltre al direttore d’orchestra nonostante un paio di errori che non ho ben capito in cosa siano consistiti.

La mia ignoranza abissale mi ha fatto comunque apprezzare un’opera che mi commuove sempre tantissimo per i terribili eventi.

Certo che se uno guarda ai personaggi, singolarmente, ne viene un quadro ancor più fosco della tragedia stessa, dove non c’è un’idea sana a cercarla col lanternino.

Vediamo quando sarà la prossima occasione di tornare al Regio a sentire Verdi, magari con un Rigoletto, un’altra di quelle opere che adoro.

Per il dolore alla schiena servirebbe un’iniezione di Toradol, se non fosse che non riesco a reggerlo: si prospettano giorni da Rigoletto, camminata da sciancato e dolori poco simpatici.

                                           Domenica 23 ottobre 2016, XXX del tempo ordinario

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