Traviata da Gabriele

museo de los soldaditos de plomoDopo il ritorno da Valencia, accetto di buon grado l’invito di Gabriele e Silvia: prima della Scala con Traviata, in Tv, quindi cena; ci tradisce, purtroppo, la Dadà.

Serata assolutamente ottima, come non dubitavo.

Gabriele è una fonte inesauribile di conoscenze musicali unite alla sua ben nota capacità di giudizio.

Io sono ignorante come una talpa quindi ascolto in devota ammirazione.

Di due cose mi accorgo subito anch’io: che Traviata viene cantata come se fosse sotto tono, insomma più bassa del consueto e che la regia è … diciamo discutibile.

Alla fine a me è piaciuta, cioè sia il canto che la musica sono stati ottimi; la regia, invece, mi ha fatto pensare ad una banalizzazione orrenda: Alfredo e Violetta sembrano due adolescenti, che si dimenano in maniera inconsulta; lo stesso fa il coro e Flora col copricapo da indiano… sembra la moglie di Toro Seduto.

La scena in campagna è disgustosa: i due amanti sembrano contadinotti, Alfredo poi che in preda a crisi isterica si dimena tagliando furiosamente verdure…

Viene totalmente dimenticata la dimensione di due persone di alto reddito, con lui borghese dotato di mezzi e lei donna di mondo, che ci sa fare con gli uomini.

Tutto viene ridotto ad una storiella tra adolescenti, una cosa intimistica, da lucchetti a Ponte Milvio o da giovani prostitute romane (agli onori della cronaca in questi giorni), con tanto di baldi giovani intervistati, che dicono di identificarsi con i protagonisti (ora mi pare davvero difficile che un giovane di oggi possa identificarsi con una storia in cui c’è un padre che … oggi ditemi se possa esistere).

La Dadà, sentita telefonicamente, è invece esaltata da Violetta che vede piena di rabbia, un’eroina moderna che, pena di rabbia, si ribella al proprio destino.

Credo che le rappresentazioni debbano restare fedeli a quanto il maestro ha stabilito; non c’è bisogno di cercare di modernizzarla con esiti banalizzanti.

Bene, dopo l’opera e la cena, il giorno successivo colazione al bar con il buon Federico: ecco il tipo di vita che apprezzo, una buona vita sociale, basata su relazioni personali soddisfacenti.

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