Oggi me la prendo molto più comoda, almeno a inizio giornata, mi rifarò poi: consulto internet e decido di fare un salto a Tivoli dove mi pareva di essere stato una volta in gita scolastica a fine liceo.
Prima, però, torno al cimitero acattolico: devo confessare che mi è piaciuto molto, ha sicuramente un grande fascino, in quell’apparente disordine che in parte mi ricorda i cimiteri ebrei: farò di corsa quindi Gramsci, Shelley, il figlio di Goethe, il tutto in un’atmosfera tranquilla ed in cui non aleggia il senso di morte che mi aspettavo.
Partendo con comodo perdo il treno per cui manco scendo dalla metro e vado direttamente a Ponte Mammolo dove, avevo letto con poca attenzione, partono i bus per Tivoli.
Arrivo giusto in tempo, ma non conoscendo come funzionano le cose, vado a chiedere all’autista se posso comprare da lui il biglietto; risposta negativa, mi dice di andare nella pizzeria a fianco o al piano inferiore, gli chiedo se faccio in tempo, mancano un paio di minuti alla partenza, lui fa cenno di no ma ci provo comunque: ovviamente la pizzeria è chiusa, l’addetta del piano di sotto è al telefono, mi sposto da un’altra, corro di sopra e vedo l’autobus che ha percorso, nel frattempo non più di 15 metri; è andato.
Mi metto il cuore in pace ed aspetto quello successivo, condotto da una donna: non dirò orari per non metterla in imbarazzo: gentilissima, saluta tutti quando saliamo, simpatica come ti aspetti da una ragazza romana; arrivano, nel frattempo, vari turisti, siamo agli sgoccioli con l’orario di partenza: tutti chiedono dove comperare i ticket ed in tutta risposta ricevono un “nnamo”, salgono tutti, una decina circa, senza pagare.
Non mi sono svenato, sono 2,20 €, però … e non sarà l’unica disavventura con gli autisti della Cotral: al ritorno, sulla Tiburtina, in corrispondenza della Villa Adriana, mi fermo nei pressi di quella che sembra essere la fermata, arriva il bus, gli faccio cenno di fermarsi, lui non lo fa, il mio sguardo interrogativo riceve risposta negativa; provo a seguirlo (nel frattempo un’auto lo rallenta) e quando vedo la fermata non lontana e gente che aspetta provo ad accennare un inizio di corsa sennonché, in quel mentre, arrivano da dietro, due veicoli dei Vigili del Fuoco (costante di sti giorni), peraltro li avevo incontrati anche nella mattinata, a sirene e lampeggianti spiegati, e l’autista che fa? Non si ferma lasciando a piedi tutti quanti. I miei compagni di attesa, seppure arrabbiati, giustificano col fatto che c’erano i vigili, che era un’emergenza: non spiego che proprio in questi casi è bene accostare a destra e lasciar passare, poi a pochi metri c’era un incrocio non trafficato dove il bus poteva accostare e far passare i veicoli in emergenza e far salire noi.
Mi permetto di consigliare alla Cotral di implementare da subito il settore ispezione e controllo visto che tutti mi hanno detto che sono pochissimi a pagare i biglietti e se poi hanno autisti siffatti … a Modena per una cosa del genere sarebbero stati scomodati fior di giornali (ops questa è una perfidia che dovrei risparmiarmi).
Torno all’andata: mi si siede a fianco una signora marocchina in vena di chiacchiere, mi racconta dei vari malanni (asma allergica, problemi intestinali con tanto di cure – termali – ai Bagni di Tivoli, medicine, prescrizioni, acqua puzzolente da bere, diarree) e insomma non mi fa mancare nulla.
Me ne libero temporaneamente chiamando l’ottimo Paolo, mio ex tutor.
Dunque Tivoli: cittadina con abitanti (e addetti all’ufficio informazioni) molto gentili: mi è piaciuta molto anche se non ci abiterei; il continuo saliscendi ed il caldo torrido mi hanno distrutto ma è stata una bella visita davvero.
Inizio con la cattedrale, niente di particolarmente eccitante, vado poi alla Villa Gregoriana dove, oltre ad un bel Tempio romano diroccato, ci sono cunicoli e caverne che conducono ad una spettacolare cascata.
La roboante voce dell’Aniene riempie le mie orecchie e mi rimanda alla visita di un’altra cacata, anni orsono, ero bambino, con mio padre, sul lago di Garda: lo spettacolo è molto piacevole anche se i fenomeni naturali in sé mi dicono poco, ed in effetti, in questo caso, l’uomo vi ha creato attorno una fruibilità che rende piacevole la caduta dell’acqua.
So benissimo, poi, che questi fenomeni sono in sé banali ed hanno un senso nella misura in cui è l’uomo a darglielo e Tivoli, mi si rivela come la città dell’acqua: la famosa villa d’Este ne è la riprova col suo famosissimo giardino che è un continuo gioco d’acque, di fontane e grotte ove il suono argentino delle cascate mi rallegra lo spirito.
Dopo Villa d’Este vado a Villa Adriana, di cui tanto ho sentito parlare: prendo un autobus locale (il 4) su cui sono solo io a bordo e che mi trasporta comunque a una certa distanza dall’ingresso (della serie valorizziamo quel che abbiamo).
Le rovine della Villa sono imponenti, danno l’idea della magnificenza che regnava ai tempi di Adriano: non sono normalmente appassionato di architettura romana ma devo ammettere che lo spettacolo che mi si offre non lascia indifferenti.
Trovo in corso una mostra dedicata ad Antinoo e la bellezza: straordinarie le statue che lo rappresentano: bella mostra senza troppe pretese, da gustare.
Pensando ad Antinoo ed alla bellezza mi veniva da pensare che noi siamo troppo deformati da un’ideale di bellezza astratto, ideale, irrelato: probabilmente sono mie fantasie ma mi veniva in mente che Antinoo non poteva essere solo bello: Adriano, se avesse avuto le lubriche voglie di cui è accusato, avrebbe potuto trovarne a decine di ragazzi belli; avrebbe potuto benissimo avere anche lui una corte di ragazzi dell’O(r)gettina, da sostituire dopo ogni rapporto o magari dopo una settimana; bellissimi e compiacenti fanciulli (anche minorenni) con cui ballare il tuca tuca (o il bunga bunga? Comincio a perdermi con sti strani balli).
La bellezza ideale, irrelata pone in se stessa le basi per il continuo cambiamento, non ha pace, né fine, cioè meta, i ragazzi (ma fossero state ragazze non sarebbe stato differente) avrebbero costituito soltanto delle casuali variabili.
Antinoo invece no, Adriano si circonda di lui nella Villa, lo deifica, fonda una città dandogli il suo nome: mi veniva da pensare allora che questo giovane fosse uno capace di parlare, di rapportarsi con l’imperatore, anche avendo quel tipo di rapporti che si chiamano sessuali, ma non è lì la questione; la bellezza di Antinoo doveva essere imputativa, doveva essere un partner dell’imperatore con un pensiero adeguato ad un tale rapporto (quante mogli di regnanti di oggi, che non sono che un’idea pallidissima ed anche meno dell’imperatore romano di allora, hanno problemi col partner?).
M piace pensare ad Antinoo certamente bellissimo fisicamente ma di una bellezza frutto di un lavoro che non è quello del body builder (anche qui potrei fare esempi di persone, ne ho anche a portata di mano, che l’unico lavoro che fanno è sui muscoli e sono in grado di parlare di allenamenti, diete e depilazioni ai pettorali o di quante donne si fanno).
Antinoo con un pensiero in grado di stare seduto a tavola con l’imperatore, di starci forse anche a letto, mica faccio il moralista, ma agli amanti di una notte non si edifica una città, al massimo si affitta un appartamento.
Tornato a Roma sono assalito da alcuni pensieri: intanto mi piacerebbe viverci (senza dover usare l’auto, è irrealistico, lo so) perché mi sembra una città universale, mi piacciono i turisti americani con quelle facce così tipiche e con le ragazze vestite da cani e abbondantemente sovrappeso, mi piacciono i tedeschi con figli piccoli al seguito e quella loro lingua così dura che contrasta con la dolcezza della nostra, mi piacciono gli spagnoli così simili a noi eppure diversi nel tono della voce e che dire dei romani? Gigioni al punto giusto, abituati a convivere con tanti poteri a volte anche in contrasto tra loro e perciò in grado di saperci fare. Non si inimicano nessuno (un dottò non se nega a chicchessia), sanno guardare con la giusta ironia e sdrammatizzare quando serve.
Non è una città perfetta, le difficoltà che vivo in quella provincia che tanto poco amo qui immagino siano amplificate eppure la bellezza che trasuda da ogni dove mi inebria e rappacifica col mondo.
Mi torna in mente anche un amico di un tempo, il tenero Vincenzo che non sento più da anni ed al quale mi ero molto affezionato: gli volevo bene come un figlio, l’avrei anche adottato: giovane rampollo di una famiglia della media borghesia romana, appassionato di arte antica, simpatico, gentile, cordiale, spigliato ed ironico e assolutamente ignorante non dico di storia sacra ma del Vangelo ( e per uno che sta a Roma… imperdonabile).
Occasione mancata, e ricordandolo ne sono sinceramente dispiaciuto.
Adoro Roma ma non riesco a stabilirvi buoni rapporti.
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