Stiamo facendo dei lavori a casa, in riva al mare, lavori sul basamento, di cemento.
C’è un uomo, un querulomane, che si porta dietro una maresciallo dei carabinieri ed un paio di colleghi: li accompagna da noi, perché vuole segnalare un illecito.
Io li accolgo cordialmente, salutandoli e facendoli accomodare.
Mi trovo in spiaggia dove vari colleghi e amici stanno giocando a calcio; mentre me ne torno verso casa incontro un ex collega di Rimini, mio omonimo, che sta mangiando un grosso e invitante panino. Gli rivolgo qualche parola scherzosa forse sul fatto che mangia o può mangiare tanto; lui forse risponde altrettanto cordialmente che può farlo grazie al tanto moto.
A casa trovo la mamma seduta che sta parlando con la marescialla e la fetonza (non rivelerò l’identità di questa donna infame) quasi fosse un interrogatorio.
Può darsi che pensi che sono comunque tranquillo perché non ci sono violazioni penali, ma occorre eventualmente evitare il ripristino.
Il tizio di prima entra nella nostra proprietà ed io vado a cacciarlo ma scopro di avere la pistola nella tasca sinistra dei pantaloni della tuta.
Mi trovo nella stanza da letto, in penombra e sento l’amico riminese, carabiniere Alessandro d.L. che parla al telefono con il tizio e gli spiega che non c’è nulla di penale; io mi avvicino e gli dico che non va bene che gli spieghi al telefono queste cose, che se vuole è meglio che faccia un accesso agli atti; lui risponde qualcosa che non ricordo.
Lo stanzone è grande e ci sono numerosi letti, disposti in maniera irregolare.
Mi trovo poi a letto con mia madre appoggiata sulla mia spalla destra, io la tengo come se volessi proteggerla e sostenerla; le do un bacio sulla testa e le dico: “mamma, mi dispiace moltissimo” e scoppio in un pianto dirotto e disperato.
Ovviamente non reggo la situazione e mi sveglio.
Questo sogno mi ha permesso di recuperare due episodi importanti, credo, della giovinezza:
il passaggio da casa mia di un venditore ambulante di cocomeri, che per farli degustare prima dell’acquisto, ne tagliava un pezzo a forma piramidale che mostrava ai potenziali acquirenti ed il passaggio anche del venditore di gelati.
I gelati erano artigianali, di vari gusti ed il venditore era un quasi parente, il padre di una mia ex zia (nel senso che pur essendo ancora vivente, sono secoli che ho interrotto qualsiasi forma di frequentazione interesse); ebbene quest’uomo, sentii dire, in modo obliquo ed accennato, era stato in carcere perchè accusato e, credo, condannato) per violenza carnale nei confronti di una propria figlia.
Curiosamente, una volta scontata la pena, quest’uomo continuava a frequentare bambini, senza alcuna precauzione, altri tempi…
Il terzo ricordo ha a che fare con un canale colmo d’acqua che si trovava nella parte finale di via Venezia, verso la chiesa di Vicopò: a quel canale collego il primo ricordo cosciente di acrofobia.
Parma, 17 ottobre 2017 memoria di sant’Ignazio di Antiochia vescovo e martire