sindacalisti e marò

Leggo dal Corriere della sera una “simpatica” polemica: la CGIL se la prende con l’INPS di Firenze rea di avere esposto, assieme al presepe, la foto dei marò detenuti in India, con una scritta che ne auspica la liberazione.

Prendo da vari siti la frase che sarebbe stata partorita dai sindacalisti cigiellini: “che in un ufficio pubblico si possa allestire qualsiasi cosa abbia a che fare con un credo religioso è già materia dibattuta ma abbinare un proclama politico è un’offesa”.

Questo è il genere di notizia che mi ispira ottimismo: se l’Italia, con tutti i problemi che si ritrova, ha a disposizione anche menti così illuminate da accorgersi ed occuparsi di questioni di così vitale importanza per il sindacato, beh, mi viene da pensare che possiamo dormire sonni tranquilli.

Quando il sindacato tornerà a fare quello per cui chiede i soldi della tessera ai lavoratori?

Ho avuto occasione di conoscere, negli anni, vari sindacalisti: normalmente ne diffido (salvo pochi).

Il sapere che ci sono sindacalisti che ritengono materia dibattuta l’esposizione di un simbolo religioso come il presepe mi fa venire in mente il famosissimo “Quarto stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo, inizialmente intitolato Il cammino dei lavoratori.

Quest’ultimo autore di altra opera assai significativa: “lo specchio della vita”, ritratto di una fila di pecore, una che segue l’altra.

Il pensiero sindacale che ho incontrato io è ben rappresentato dalle due opere di Pellizza da Volpedo.

Non è un pensiero che mi piace.

Gesù Cristo non avrebbe mai fatto il sindacalista.

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