Si potrebbe definire questo post un frutto dei due precedenti dove si è trattato con abbondanza, seppur a margine di volontà.
Un collegamento mi ha richiamato alla memoria la più celebre preghiera dei cristiani, quella da recitare in segreto, nella propria camera, il Padre Nostro.
In questo brano evangelico c’è un esplicito riferimento alla volontà: “fiat voluntas Tua, sicut in cælo, et in terra“; scrivendo mi sovviene un altro episodio famosissimo, sempre evangelico in cui il fare la volontà è in primissimo piano, il momento dell’Annunciazione, quando Maria risponde all’angelo: “Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum” (Luca 1, 38).
In entrambi i casi sembra si tratti di sottomissione, di rinuncia alla propria volontà per sottostare a quella altrui.
L’altro caso, non meno importante, di sottomissione all’altrui volontà è rappresentato dalle tentazioni che Gesù, nel deserto, subisce dal diavolo.
Ma procediamo con calma.
Nel libro del Deuteronomio (5,32-33) il Signore, dopo avere dettato a Mosè i comandamenti precisa: “Custodite igitur et facite, quae praecepit Dominus Deus vester vobis; non declinabitis neque ad dexteram neque ad sinistram, sed per totam viam, quam praecepit Dominus Deus vester, ambulabitis, ut vivatis, et bene sit vobis, et protelentur dies in terra possessionis vestrae” (Badate dunque di fare come il Signore vostro Dio vi ha comandato; non ve ne discostate né a destra né a sinistra; camminate in tutto e per tutto per la via che il Signore vostro Dio vi ha prescritta, perché viviate e siate felici e rimaniate a lungo nel paese di cui avrete il possesso).
Riguardo ai Comandamenti c’è una sottolineatura importante, fatta dal Signore stesso: essi costituiscono una norma che è garanzia di vita e felicità oltre che stabile e legittimo possesso della terra in cui gli israeliti si trovano a vivere.
Sono, inoltre, originati da un’alleanza, non derivante da imposizione, un’alleanza che vincola il Signore e che può venirgli imputata (e gli ebrei sono stati maestri nel contrattare col Signore, vedasi dialogo di Abramo prima della distruzione di Sodoma e Gomorra).
Nel dialogo tra l’angelo anzi arcangelo Gabriele e Maria sempre di alleanza si tratta: la Madonna non reagisce come una sprovveduta, né si comporta da schiava; ci mette la testa (oggi si usa dire metterci la faccia, preludio, di solito, a comportamenti da imbonitore), ci pensa, chiede spiegazioni e, ottenutele con soddisfazione… Fiat!
Veniamo a Gesù: il suo Fiat riguarda cielo e terra perché tutto dipende da quella decisione: cielo e terra ne sono coinvolti, essendo l’uomo una costituzione a due gambe, costituisce l’universo.
Ma perché Gesù si sottomette? A motivo di quanto abbiamo detto: avendo sperimentato, reiteratamente (la reiterazione l’uomo riesce a concepirla soltanto in ambito penale), la convenienza del rapporto tra Lui ed il Padre, è ben lieto che venga fatta la Sua volontà.
Sa che ne trarrà un beneficio.
Giacomo Contri, lo cito spessissimo, nutrendomene ogni volta che posso, proprio parlando di questa frase, così la trattava in un post del 6 ottobre 2006, di stringentissima attualità:
“Si è così delirato da secoli e secoli un Dio delirante a sua volta, che avrebbe la sua brava Volontà già lì pronta e cucinata da tutti i secoli e in saecula saeculorum, e che ridurrebbe la libertà alla buona… volontà di gente pronta a mettersi agli ordini di questa stupida astrazione, come loro unico desiderio che è morte del desiderio.
Riportiamo la volontà sulla terra, o alla sua ortodossia (ortodossia di soggetto, non ortodossia di partito). Essa è solo una questione di appuntamento riuscito, giuridico e economico.
Il caso onesto, sano, normale, e produttivo, della volontà si ha quando essa è l’oggetto di una domanda: per esempio quando si domanda un finanziamento a una Banca correttamente chiamata Istituto di credito. Viene domandato che una volontà non già esistente si costituisca, come la volontà di concedere il mutuo. In precedenza non c’era, non per cattiva…volontà: doveva ancora costituirsi, e lo poteva.
É il caso della frase del Padre Nostro: la cui traduzione “sia fatta” introduce l’equivoco che si tratti del rapporto comando-esecuzione, mentre si tratta di γενηθήτω cioè che si generi, o si costituisca.
Perché la domanda sia tale, cioè domanda di volontà costituenda, essa deve essere benfatta, accurata, formale, affinché la volontà possa costituirsi formalmente.
L’amore va male, si sa. Ma va male per vizio di forma: ossia nulla o poco e male è fatto affinché nell’altro si costituisca una volontà.
Ci sono preghiere che detesto perché sono mal fatte, e per questo non le considero preghiere. Il Padre Nostro – con la correzione che ho detto – è la preghiera delle preghiere, indipendentemente dalla credenza.
Ho così ottenuto anche una definizione di “desiderio”: è la domanda che una volontà si costituisca”.
Il contraltare sono le tentazioni nel deserto e la canzone delle famose 100 lire.
Parma, 19/05/2022 memoria di san Celestino V, papa ed eremita