Correva l’anno 1171, il 28 marzo, giorno di Pasqua, in questa chiesa (ovviamente assai diversa dall’attuale) nei pressi di un guado (da cui il nome “in Vado”, accadeva un evento inusitato, non unico, nel suo genere, ma decisamente poco frequente se si pensa che nella storia della penisola i miracoli eucaristici dovrebbero ammontare a 22.
Uno di questi nella mia Rimini, ma questa è una divagazione cui concedo solo una breve notazione: si trattava, in quel caso, di un asino (anzi di una mula), animale cui mi sento consonante e verso il quale nutro una spiccata simpatia, inginocchiatosi davanti all’Ostia consacrata su sollecitazione di quell’asso di briscola della santità che è sant’Antonio da Padova.
Tornando a bomba a Ferrara, nella chiesetta dedicata a Maria, il priore Pietro da Verona, celebrava i sacri misteri quando, giunto alla consacrazione, spezzando la Santa Particola, questa sprizzava gocce di sangue che impregnavano la bassa volta della cappella.
Questa volta, con le macchie è oggi custodita in una cappella più grande, all’interno della basilica.
Da questa cappella se ne vedono due sottostanti, un tempo riservate a due famiglie ferraresi, successivamente trasformate nel luogo di culto della memoria dei caduti in guerra; alle pareti si possono leggere le iscrizioni dei caduti ferraresi in varie guerre.
Lo stile è quel liberty che normalmente io adoro ma qui non mi fa impazzire, il periodo quello in cui prende piede la religione civile del caduto della Grande Guerra (che riesce a parassitare la religione cristiana dominante); ne ha trattato abbondantemente George Mosse e non solo lui e qui, come in tanti altri luoghi, se ne riscontrano i segni.
Non a caso, infatti, l’inaugurazione del 1925 era dedicata alle “Cappelle votive in memoria dei caduti in guerra e dei martiri fascisti”; da un sito dedicato ai beni culturali traggo queste notizie: “La trasformazione delle due cappelle del transetto destro fu voluta da don Pellizzola e da Antonietta Pinghini, presidente dell’Associazione Madri e Vedove dei Caduti in guerra. Il sacrario fu realizzato tra il 1923 e il 1925, con una spesa di L 50.000, e inaugurato domenica 15 marzo 1925 alla presenza di una grande folla composta di autorità quali Italo Balbo, di milizie, di studenti. La cronaca della “Gazzetta Ferrarese” descrive la cerimonia: le autorità si radunarono nella sede dell’Associazione da cui partì il corteo diretto verso la basilica Santa Maria in Vado illuminata da lampadine elettriche distribuite lungo cornicioni e affollata di gente che agitava bandiere e gagliardetti. Le note dell’Inno del Piave e di brani per arco, arpa ed armonium, eseguiti da professori e allievi dell’Istituto musicale Frescobaldi e della Società Orchestrale, accompagnarono la messa officiata dal vescovo e presenziata dalle vedove di guerra e dalle madri dei Caduti, fra cui la madre dell’aviatore Francesco Baracca. La cerimonia si concluse con la benedizione alle cappelle e alle bandiere”.
Non a caso una lapide presente così recita:
“GUERRA Dl REDENZIONE
24 NOVEMBRE 1918
IN MEMORIA DEI CADUTI
A RICORDO DEI VIVENTI
AD ESEMPIO DEI POSTERI”
Miracolo eucaristico e martiri di guerra, una scelta ideologicamente orientata, in periodo di nazionalismo imperante.
Ma se quello “sfruttamento” del cattolicesimo è venuto meno, non così per l’evento straordinario che ha reso famosa la chiesa: le gocce di sangue restano a testimoniare che le ideologie, anche quelle apparentemente trionfanti, passano, quel che è vero resta.
Da visitare con devozione.
Ferrara, 26 gennaio 2023