La città di Bologna si onora di ospitare le spoglie mortali di uno dei santi più importanti del Medioevo e non solo, san Domenico di Guzman: la basilica patriarcale di san Domenico è questo luogo straordinario.
Domenico, spagnolo di nascita, pare predestinato ad un futuro radioso già al momento della gestazione: la madre, Giovanna, sogna di avere in seno un cagnolino bianco e nero che tiene in bocca una fiaccola e, correndo con quella, spande luce e fiamme nel mondo. Durante il battesimo del Santo, ecco un altro segno: la madrina ha in visione una stella ad otto punte sulla fronte del bambino.
Dante nella Divina Commedia, dice dei genitori di siffatto santo:
Oh padre suo veramente Felice!
oh madre sua veramente Giovanna,
se interpretata val come si dice!
l’eresia
Venuto a contatto con l’eresia catara in Linguadoca, il Nostro capisce che non è sufficiente la predicazione ma è indispensabile l’esempio; oggi si direbbe che la narrazione è mero significante, vuoto discorso, se non accompagnata da una vita che dal pensiero predicato tragga qualche frutto.
Il buon Domenico decide di sfidare i catari proprio sul loro terreno, quello culturale con la predicazione e quello materiale, adottando un sistema di vita povero ed austero.
L’estremismo ereticale si scontrerà con Domenico e Francesco che fungeranno da sicuro baluardo dell’ortodossia, da loro nasceranno due dei più straordinari ordini religiosi medioevali, che a tutt’oggi operano ancora per il bene delle anime.
I seguaci di Domenico si sono inoltre assunti il gravoso compito di inquisitori, cosa che li ha resi (ingiustamente) antipatici tanto da essere gratificati di un gioco di parole che li ha trasformati da cantori del Signore (Domini canes) in cani del Signore che in latino si scrive allo stesso modo.
la basilica
La basilica, inutile dire che sembra ruotare tutta attorno all’arca che custodisce le spoglie mortali del nostro Domenico anche se è riduttiva come sintesi perché ci sono da vedere altre cose, ad esempio la Cappella del Rosario, ove sono sepolti Guido Reni ed Elisabetta Sirani (quella vista a Casa Saraceni) ed è custodita l’immagine della “Beata Vergine del Rosario” che ai lati ha quindici formelle dipinte, raffiguranti i “Quindici Misteri del Rosario”, che attualmente, grazie al Pontefice di venerata memoria, San Giovanni Paolo II, sono diventati 20.
Il rosario è notoriamente ritenuto come una creazione dei padri predicatori, cioè dei domenicani; in realtà furono i cistercensi ad avere la prima idea, poi verso il 1350 i certosini “crearono” l’Ave Maria come la conosciamo attualmente e ripresero la pratica del rosario che diventerà poi la preghiera che ancor oggi si recita, grazie alla diffusione dovuta proprio all’Ordine di san Domenico.
Ci sono poi lo splendido Crocifisso di Giunta Pisano ed un frammento di affresco che rappresenta san Tommaso d’Aquino e, forse, sant’Antonio abate o san Benedetto.
l’arca
Poi c’è l’arca, e come ogni arca che si rispetti (non ho notizie di quella di Noè) è sontuosa: quando si decide di creare un’arca normalmente non si ha l’obiettivo di passare inosservati e l’arca di san Domenico non sfugge a questa regola.
Il corpo del santo venne sepolto dietro un altare della chiesa ma, dopo la canonizzazione, venne traslato in una cappella che ben presto si manifestò come inadeguata per l’intenso culto che attorno vi fioriva; per ovviare a questo i frati pensarono ad una struttura che permettesse ai fedeli di scorgerla anche a una certa distanza e cosa meglio di un’arca?
A questo gioiello, un capolavoro, hanno contribuito tante mani, alcune delle quali assurgeranno a fama imperitura anche a causa dell’arca stessa, ma procediamo per gradi.
Credo sia utile precisare che siffatto monumento fu il frutto di una decisione che contrastava con gli statuti dell’ordine dei predicatori che prevedevano una grande sobrietà nei loro luoghi di culto; una deroga di tale portata è, però, giustificabile in virtù delle peculiarità del defunto, padre fondatore dell’ordine.
L’incaricato dell’opera fu Nicola Pisano, già noto per il pulpito della cattedrale di Pisa (e che avrebbe realizzato anche quello di Siena) che realizzò il sarcofago, anche se gran parte fu probabilmente dovuto ad alcuni aiuti e precisamente Arnolfo di Cambio, il frate domenicano Guglielmo di Pisa e due di cui si conserva solo il nome e nessun’altra traccia, Lapo e Donato.
dettagli dell’arca di Nicola Pisano
La base è in marmo verde ma l’interesse è attratto dalle scene rappresentate; sui due lati lunghi troviamo: il Miracolo della resurrezione di Napoleone Orsini caduto da cavallo, la Prova del fuoco, l’Approvazione della regola di san Domenico da parte di papa Innocenzo III e l’Adesione di Reginaldo di Orleans all’Ordine.
Sui lati corti ci sono I santi Pietro e Paolo che consegnano la missione all’Ordine domenicano (si narra infatti che i due padri della Chiesa, apparsi in visione a san Domenico, gli consegnarono una Bibbia e un bastone) e il Miracolo dei pani.
Tutti episodi importanti per la vita di san Domenico e dell’ordine da lui fondato: il miracolo di Napoleone Orsini riguarda questo giovane nipote del cardinale Stefano di Fossanova che, per intercessione delle preghiere di san Domenico, risuscita dopo una rovinosa caduta da cavallo (a san Paolo era andata meglio).
La prova del fuoco narra di un altro episodio famosissimo, una sorta di ordalia: prima del 1216, in Linguadoca, in una disputa con gli eretici catari, viene ordinato di buttare nel fuoco i libri sacri di entrambe le fazioni; i libri catari bruciano mentre le sacre scritture di Domenico restano sospese in aria.
Anche l’approvazione della regola è un evento fondamentale perché basato su un fatto molto famoso, identico all’episodio che vide protagonista san Francesco d’Assisi: il Sovrano Pontefice del tempo, Innocenzo III, sogna la basilica di san Giovanni in Laterano che sta per crollare e che viene sostenuta da un uomo, Domenico.
Questo indusse il Papa ad accettare la richiesta di san Domenico, confermare la sua forma di vita, il che aveva riflessi giuridici ed economici non indifferenti, si pensi soltanto alla proprietà dei beni oggetto di donazione, ma secondo regole antiche: Domenico scelse la regola di sant’Agostino cui aggiunse degli statuti ispirati ai premonstratensi.
il Concilio Ecumenico Lateranense IV
Nel 1215 il Concilio Ecumenico Lateranense IV aveva vietato la nascita di nuovi ordini e questo spiega la scelta della regola di sant’Agostino; ecco il testo della XIII disposizione:
“XIII Proibizione di nuovi ordini religiosi
Perché l’eccessiva varietà degli ordini religiosi non sia causa di grave confusione nella chiesa di Dio, proibiamo rigorosamente che in futuro si fondino nuovi ordini.
Chi quindi volesse abbracciare una forma religiosa di vita, scelga una di quelle già approvate. Ugualmente chi volesse fondare una nuova casa religiosa faccia sua la regola e le istituzioni degli ordini religiosi già approvati.
Proibiamo anche che uno sia monaco in diversi monasteri, e che un solo abate possa presiedere a più monasteri”.
Sarà Onorio III, successore di Innocenzo III ad accettare come ordine religioso quelli dei padri predicatori, in deroga alla decisione conciliare, un po’ come accadde per i francescani.
ancora l’arca di Nicola Pisano & co
Sul lato opposto dell’arca si racconta l’approvazione della regola da parte di Innocenzo III (ma con e precisazioni appena narrate) e l’ingresso nell’ordine del teologo Reginaldo di Orleans; costui, dopo essere stato professore di diritto canonico a Parigi, trovandosi a Roma si ammalò gravemente; Domenico andò a trovarli e Reginaldo gli promise di entrare nel suo ordine nel caso in cui fosse guarito.
Anche la Madonna, apparsagli in sogno lo invitò a diventare domenicano e così avvenne e fu, peraltro, grazie ad una sua amicizia che l’ordine ricevette in dono la chiesa bolognese di san Niccolò delle Vigne, ovvero quella che divenne poi l’attuale basilica patriarcale.
Sui lati corti altre due scene importanti: la consegna della missione all’ordine dei predicatori da parte dei santi Pietro e Paolo che, secondo tradizione, apparvero a Domenico per consegnargli una Bibbia ed un bastone ed il miracolo dei pani.
Episodio risalente al 1218: in quel di Bologna, trovandosi san Domenico a cena in convento ma senza pane per i suoi, dopo una preghiera ricevette la visita di due angeli che gli offrirono pani e fichi.
I quattro angoli dell’arca sono presidiati da figure di santi, la cui identificazione non è unanime ma che potrebbero essere i dottori della chiesa sant’Agostino, sant’Ambrogio, san Girolamo e san Gregorio.
Al centro dei lati lunghi, a “spezzare” le scene ci sono Madonna col Bambino e il Cristo redentore; questa parte dell’opera ci conclude con una cornice di foglie di acanto ed uccelli a imitazione dei sarcofagi romani.
metodo di san Domenico
Da notare che tutti i miracoli narrati sono stati operati da san Domenico vivente e narrati a Nicola Pisano da testimoni; questa scelta dei miracoli sembra tradurre anche iconograficamente il metodo educativo del Santo che partiva dalla dottrina, utile a convincere gli increduli, per salire di livello, con gli esempi, per chi pur convinto dalla dottrina, voleva vederne anche gli effetti pratici, per concludere con i miracoli, riservati ai testardi.
la cimasa di Niccolò dll’Arca
All’opera venne poi aggiunta una cimasa (la parte superiore) ad opera di Niccolò di Bari che divenne poi arcinoto come Niccolò dell’Arca proprio per la realizzazione di quest’opera.
Su un globo poggia i piedi Dio Padre che regge in mano il globo terrestre; da questo culmine, scendendo si incontrano i simboli del creato: i festoni di frutta che simboleggiano la terra, due putti che rimandano al cielo ed i delfini che richiamano le acque; scendendo ancora si incontra la Redenzione: Gesù attorniato da due angeli, quello dell’Annunciazione e quello della Passione.
A questo livello si trovano anche gli evangelisti mentre più in basso (a significare gli effetti dello Spirito Santo?) le statue dei santi protettori di Bologna san Francesco, san Petronio, san Domenico e san Floriano nella parte anteriore; nella parte posteriore invece sant’Agricola, san Giovanni Battista, san Procolo e san Vitale.
La prematura scomparsi di Niccolò dell’Arca fece sì che le statue di san Petronio, di san Procolo ed un angelo reggi torcia (quello di destra) venissero scolpite dal giovanissimo Michelangelo Buonarroti, esule da Firenze per la caduta dei Medici.
la predella di Alfonso Lombardi
Per chi non fosse sazio c’è da aggiungere un’ulteriore delizia: siamo nel 1532 e lo scultore Alfonso Lombardi vi aggiunge la predella, siamo all’altezza dei due splendidi angeli reggi torcia, ove sono raffigurate l’Adorazione dei Magi ed alcune scene della vita di san Domenico.
Si parte dalla nascita, poi c’è il santo fanciullo sdraiato sul pavimento (a significare che sin da piccolo rifuggiva le comodità in favore di una rigida austerità) ai cui piedi c’è un cagnolino con una fiaccola in bocca (a ricordo del sogno e a ricordare che la sua predicazione avrebbe incendiato il mondo); si passa al giovane Domenico che vende i libri: studente all’Università di Palencia, il santo vende i preziosi libri per donare i ricavato ai poveri (sempre in compagnia del cane con la fiaccola in bocca).
L’ultima scena è dedicata alla morte: fra’ Guala, priore a Brescia, ha la visione di una scala, retta da Maria e Gesù, che solleva una sedia sulla quale è seduto un domenicano che viene sollevato in cielo tra luci e cori angelici.
Un’ultima aggiunta, siamo nel 1768, a opera di Giovanni Battista Boudard: un paliotto che rappresenta la sepoltura di san Domenico.
Chiudiamo in bellezza col catino absidale dipinto da Guido Reni con la Gloria di san Domenico.
Da sempre ho apprezzato l’attenzione all’ortodossia dei domenicani (che hanno avuto anche loro qualche problema in casa, come in tutte le buone famiglie) e questa simpatia ha trovato sostegno in occasione della visita delle chiese straordinarie che l’ordine ha fatto edificare nei secoli: la basilica patriarcale di san Domenico di Bologna ne è un esempio chiarissimo: non si può passare per la città felsinea senza fermarsi presso questo luogo sacro, contemplarne le meraviglie e … ciascuno completi come meglio crede.
Bologna, 30 aprile 2023 memoria di San Pio V papa, San Giuseppe Benedetto Cottolengo sacerdote e San Mercuriale di Forlì vescovo