Oggi sono caduto ammalato, febbricitante, non prima di avere adempiuto ai doveri che mi incombevano. Me ne sono andato per uffici pubblici ed ho scoperto alcune cose interessanti:
La prima è che per modificare il conto corrente su cui accreditare la pensione l’INPS ci impiega almeno un mese (ma “mi raccomando non chiuda il conto prima di avere verificato che tutto è andato a buon fine”… [in marzo] si sono raccomandati i gentilissimi impiegati). Credevo fosse sufficiente la presenza dell’interessato, magari la compilazione di un sacrosanto modulo e poi l’inserimento a computer dei nuovi dati, evidentemente così non è… attenderemo.
Nel mentre ho assistito alle minacce di morte di un anzianotto (65enne come da lui stesso dichiarato) che ha minacciato un paio di impiegate di dar loro fuoco; l’uomo, meridionale dall’accento, almeno mi è parso, era agitato perchè, a suo dire, volevano togliergli dei soldi; l’addetto alla sicurezza con molta professionalità lo ha fatto accomodare all’uscita.
Altra scena, in altro luogo: un uomo dice ad una collega: “non devi passare il telefono a uno di quelli lì, adesso è da disinfettare quel telefono”; “quello lì” era un … “uomo nero” almeno per chi ha proferito la frase.
Una mattinata altamente educativa che mi ha fatto tornare in mente una canzone di Claudio Chieffo, initolata “La nuova Auschwitz” di cui cito il testo:
“Io suonavo il violino ad Auschwitz mentre morivano gli altri ebrei, io suonavo il violino ad Auschwitz mentre uccidevano i fratelli miei, mentre uccidevano i fratelli miei, mentre uccidevano i fratelli miei…
Ci dicevano di suonare, suonare forte e non fermarci mai, per coprire l’urlo della morte, suonare forte e non fermarci mai, suonare forte e non fermarci mai, suonare forte e non fermarci mai… Non è possibile essere come loro, non è possibile essere come loro… Nel mondo nuovo che ora abbiamo creato c’è la miseria, c’è l’odio ed il peccato, c’è l’odio ed il peccato, c’è l’odio ed il peccato… Ora siamo tornati ad Auschwitz dove c’è stato fatto tanto male, ma non è morto il male nel mondo e noi tutti lo possiamo fare e noi tutti lo possiamo fare e noi tutti lo possiamo fare… Non è difficile essere come loro, non è difficile essere come loro… Ora suono il violino al mondo mentre muoiono i nuovi ebrei, ora suono il violino al mondo mentre uccidono i fratelli miei, mentre uccidono i fratelli miei, mentre uccidono i fratelli miei…”
Non è difficile cadere nel razzismo (omnes peccavimus), anzi è una sponda fangosa su cui è facilissimo scivolare, senza manco accorgersene; resta vero, però, che arroganti, parassiti, violenti, e quant’altro, devono essere chiamati col loro nome quando compiono azioni che così li facciano qualificare, senza buonismi.
Mi è capitato spessissimo di sentirmi accusare di razzismo da persone di colore per le quali ero io l'”uomo nero”, cioè ero qualcuno che era di ostacolo alle loro pretese.
La frase “mi fai la multa perchè sono nero, sei un razzista” è un refrain che qualsiasi operatore di polizia ha sentito ripetersi centinaia di volte.
Il problema non è il colore della pelle quanto il considerarsi portatore di diritti astratti, a prescindere, ed in base a quelli rifiutare il principio di responsabilità.
Lo ius soli mi sembra un diritto astratto: non è la nascita su un fazzoletto di terra che costituisce il cittadino, ma la costituzione.