Non conosco nulla dello psichiatra Claudio Mencacci ma ho letto una breve intervista sul Corriere del 22 agosto, che me lo ha fatto alquanto apprezzare.
Da tempo il dottor Giacomo Contri sosteneva che i raptus non esistono, che sono, al contrario pensieri cullati, meditati, coltivati che poi, approfittando di un’occasione, si trasformano nel gesto criminale; leggere che anche uno psichiatra di chiara fama espone il medesimo pensiero non può che farmi piacere.
Dice, infatti, Mecacci: «Bisognerebbe imparare a capire che ci sono individui che covano malvagità, crudeltà, cattiveria. Che quando accade un fatto di violenza apparentemente improvvisa c’è sempre una spiegazione, un motivo che si è costruito nel tempo. Non è mai un fulmine a ciel sereno e tendere a giustificare non aiuta nemmeno a cogliere i segnali di un eventuale pericolo»
Dicendo che in psichiatria si riconosce poco valore al raptus, afferma: «Sotto il cappello del raptus, o alcune volte della follia, si mette la violenza inaudita, quella imprevista, impulsiva. E non si considera mai che, guarda caso, quella violenza ha come oggetto i più fragili, i deboli, le persone indifese e quindi le più esposte».
Raptus è la parola magica che, in fondo, rassicura perchè i pensieri malvagi meditati e coltivati, magari da anni, non sono all’origine del fatto di sangue: è stato un raptus, si dice, mica è colpa sua.
Insomma riconosce alla violenza la premeditazione, che, per definizione, richiede il pensiero, un lavoro di pensiero.
Dietro il raptus non c’è l’ineffabile, non è come spegnere una lampadina e tutto diventa buio all’improvviso; ci sono state scelte, bivii praticabili.
Il pensiero ha perso la rotta ed ha cominciato a seguire le stelle delle teorie, a edificare su quelle e a partire da quelle e tutto, poco alla volta, diventa logico, consequenziale e stringente; purtroppo, però, i presupposti sono fallaci e le conseguenze devastanti, con le voci che danno ordini e non mi risulta che ci sia stata una voce che abbia ordinato qualcosa di diverso da morte e distruzione.
Le teorie trasformano gli uomini in fantocci, il dottor Contri usa il termine sagome: io direi fantoccio chi uccide e sagoma chi è vittima, con possibilità di rivestire velocemente entrambi i ruoli.
Un altro articolo, di oggi, a firma Paolo de Stefano, parla di figlicidio e dice: “non c’è genitore figlicida che non venga descritto dai vicini e dai parenti come un genitore esemplare, premuroso, attento, rispettoso. Uno come noi, insomma. Sempre pronto a soddisfare i desideri dei propri ragazzi, a rassicurarli, a proteggerli”.
Un genitore perfetto, teoricamente perfetto, cioè perfettamente conforme all’ideale della teoria, quella del papà che ama, ama, ama (di amore che un tempo avremmo chiamato materno – e guardato con qualche sospetto).
Cito spesso la sentenza medioevale “ex bono bonum, ex malo sequitur quodlibet” che trovo anche in altra similare versione “Ex absurdo sequitur quodlibet. Ex bono non nisi bonum”.
Appunto: dall’assurdo può derivare qualunque conseguenza.