Il gran giorno è arrivato: la prima comunione della mia supernipotina Laura, presso la chiesa di Santa Maria del Rosario.
Cerimonia non troppo lunga, abbastanza sobria (solo il battimani al Sanctus, proprio non lo reggo), tutto tranquillo; una quindicina di bambini rigorosamente vestiti con tunica e spiga di grano in mano.
Come sempre accade, in queste occasioni, la realtà predominante è la festa, non la cerimonia: ai bambini di ricevere Gesù non gliene importa un fico.
Tutto si svolge regolarmente, la giornata è, finalmente, caratterizzata da un bel sole, nonostante brutte avvisaglie la mattina presto.
Alla cerimonia partecipa anche mio padre, che alla fine saluta tutti i presenti: dopo tanto tempo, tante lotte (inutili, come sempre le lotte) finalmente un po’ di pace.
A giusto coronamento il pranzo: antipasti, gnocchetti e risotto agli asparagi; rosa di Parma (che è un arrosto di cui ignoravo l’esistenza) e torta gelato, tutto buono, abbondante, in un ambiente tranquillo, coi bambini che giocano nel parco.
Il mio tavolo ha un’età media altissima vista la presenza di mamma zia e zio (siamo sui 220 anni e passa): erano anni e anni che non vedevo mia zia (che è una seconda mamma) ridere a crepapelle (e non aveva nemmeno bevuto): il tutto dovuto a più o meno fantasiose ricostruzioni di alberi genealogici complicati.
L’apice poi è stato toccato quando una delle commensali, parlando del marito di una prozia, volendo fare riferimento alla protesi ad una gamba, s’è lasciata scappare un simpatico “al mattino, per andare in bicicletta, si infilava la prostata e la legava con delle cinghie”.
Laura è rimasta molto soddisfatta dei regali ricevuti e della giornata, trascorsa con le amiche e come non posso non esserlo io? sono stato davvero contento, il che non è cosa che dica spesso ultimamente.