Partenza… ebbene sì, dopo avere inaugurato, alcuni anni fa, se non ricordo male con il viaggio a Granada, l’abitudine di festeggiare il compleanno all’estero, quest’anno ho dovuto e, ben volentieri, voluto, rimediare restando in Italia, ma in giro.
La meta fissata era la Toscana con particolare attenzione ad alcuni siti di cui avevo sentito parlare da tempo: tour delle abbazie, questo potrebbe essere un buon titolo, per un programma full immersion tra chiese, monasteri e abbazie appunto.
Di buon’ora, verso le 6.30, comincio il giro, direzione San Galgano dove so che si trova una famosissima chiesa, gotica, di cui è crollato il tetto, un po’ com’è accaduto a tante chiese sorelle, in Irlanda.
Il viaggio non è proprio di breve durata ma per chi ama guidare di tutta gradevolezza.
Serve ricordare che io non amo guidare?
Aggiungiamoci che per buona parte della strada non vi è copertura delle tre radio di riferimento (cioè le uniche che ascolto): radio Maria, radio24 e radio radicale, anche la ricezione del cellulare sarà sempre estremamente difficoltosa.
Mi è di grandissima consolazione, invece, una chiamata (che ho fatto io, ma tant’è) dell’ottimo Fabio Montebelli, che non sentivo da tempo e che ho apprezzato, come sempre.
Novità per me assolutamente inconsueta, non sbaglio mai strada: difficile a credersi vero? ebbene sì, nonostante navigatore non aggiornato (ma quello poco importa) ed indirizzo dell’albergo che non rientra, appunto, nelle mappe del navigatore.
Arrivo, dunque, in quel di San Galgano, l’unica delle tre mete che mi ero prefissato che fa orario continuato; sono circa le 10 di una bella giornata di sole, ma senza caldo eccessivo.
L’impressione, già da subito, in lontananza, è notevole; svettano i ruderi di quella che fu una grande chiesa, senza tetto.
L’ingresso ha un modico prezzo, 2 euro, che si paga volentieri, la visita scorre veloce, senza intoppi; un po’ di foto (non ho coraggio di contare quante ne ho scattate alla fine) e si passa all’Eremo di Montesiepi (ingresso gratuito).
Qui è custodita, protetta, purtroppo, da un vetro orrendo, la famosa spada nella roccia che il cavaliere di Chiusdino, Galgano Guidotti, infisse in segno di conversione e passaggio dalle armi alla pace.
Dipinti di Ambrogio Lorenzetti abbelliscono una cappellina rettangolare annessa al corpo centrale, circolare.
La parte folk della visita prevede la presenza di un gruppo di turisti, la cui provenienza mi è rimasta incerta, ma di cui posso ragionevolmente supporre che non vi fossero originari della Val Brembana, della Valle d’Aosta e della Val di Non.
Nella discesa che porta al parcheggio due signore della comitiva si lanciano in uno sguaiato colloquio, di quelli che riconciliano con il Parnaso e le Muse e che rendono l’Italia famosa nel mondo per lo stile.
Matriarca A: “guarda che la discesa fa bene alle chiappe, le rassoda!”
Matriarca B, a valle: “non mi interessa, non ho nessuno che mi guardi le chiappe”
Matriarca A: “non importa, te le guardi da sola allo specchio”
Matriarca B: “no, no, le chiappe non me le guardo allo specchio, non mi interessa e poi non ho più l’età…”
Estasiato da tanto forbito dialogare, decido a malincuore di allontanarmi per non essere definitivamente rapito dall’incanto dei suoni e dal sublime argomento: comincio a capire le aspirazioni eremitiche del buon San Galgano.
Riprendo di buona lena la guida verso la seconda tappa, verso la chiesa di Sant’Antimo, che so essere aperta solo dopo le 15 (chiudeva alle 12). Ci arriverò con largo anticipo, saltando il pranzo, come mi accadrà sempre di fare in questi giorni, ma questa è un’altra storia.
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