Occupazioni e pagelle

Raccolgo dal Corriere della sera una notizia curiosa, che mi rimanda ad anni di un secolo fa, quando frequentavo il liceo scientifico Giacomo Ulivi, a Parma. Non ricordo in che anno successe ma accadde che ci fu una occupazione scolastica; vaghi e confusi i frammenti della memoria, ci furono, credo, un paio di lezioni tenute da non ricordo chi, una enorme, smisurata perdita di tempo.

Inutilità e basta, nulla di buono ne è venuto.

Oggi leggo sulla Stampa le affermazioni del sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone secondo il quale le occupazioni sarebbero  «esperienze di grande partecipazione democratica che ricordo con piacere»; non contento aggiunge che queste «in alcuni casi più formative di ore passate in classe» per continuare imperterrito: «Scuola è didattica, scuola è studio, ma non può essere solo ragazzi seduti e cattedra di fronte. Io ho maturato la mia voglia di fare politica, proprio durante un’occupazione. E chissà quanti hanno cominciato a fare politica, o vita associativa, o hanno scoperto la passione civile, proprio partendo da questa esperienza. O ancora, quanti sono diventati leader in un’azienda, dopo essere stati leader durante un’occupazione studentesca. Anche in quei contesti si seleziona la classe dirigente.»

A leggere queste dichiarazioni mi convinco che le occupazioni non sono solo inutili ma anche dannose: se i nostri sottosegretari si formano durante le occupazioni, questo è un motivo urgente per emanare un decreto legge che preveda pene severissime (arresto in flagranza, minimo 18 anni di reclusione) per chi partecipa e/o permette un’occupazione scolastica.

Rimango convinto di una cosa: avrà la mia simpatia un governo composto da persone che parlino poco, che abbiano pochi rapporti con la stampa e la TV e che lavorino producendo atti ben fatti; al momento non ne vedo.

Leggo ancora che il sottosegretario Sandro Gozi si lamenta delle critiche di Angela Merkel o meglio delle sue sollecitazioni a far meglio, sostenendo che l’epoca dei compiti a casa sarebbe finita e che è ora di parlare di politica.

Difficile dargli torto: è ora che si faccia politica, è ora appunto, non è mai troppo tardi per iniziare.

Mi chiedo se il sottosegretario Gozi abbia sentito parlare degli ultimi scandali romani (rispetto ai quali, peraltro, mi mantengo in posizione di garantismo, aspettiamo le condanne e ricordiamo mani pulite e i tanti, tantissimi assolti…), di quelli del Mose a Venezia, di quello dell’Expo a Milano per citare solo gli ultimi tre ultimamente sulla ribalta.

Siamo un paese che non deve ricevere pagelle? Evidentemente le pagelle ci fanno un baffo, dovremmo presentarci dal preside accompagnati dai genitori; viviamo in un paese in cui la civiltà è morta e sepolta, non prendiamoci in giro, meritiamo pedate altro che pagelle.

Non mi si venga a dire che sono i politici a essere corrotti e che è sano il tessuto sociale: non è la sfortuna a perseguitarci e a farci eleggere i soli, pochi, italiani incapaci e/o disonesti, spuntati dal cappello magico di elenchi elettorali di specchiata limpidezza.

Non è proprio così: il marcio non è altrove; la scorrettezza, la piccola corruzione (che apre la strada a quello che leggiamo sui giornali), l’illegalità diffusa e il malcostume di cercare scorciatoie è ovunque in Italia, come ho dettagliato in altre occasioni; basterebbe fare anticamera in un ufficio di un qualunque sindaco, assessore, consigliere di qualsiasi cosa, per sentire quali e quante richieste di ogni genere vengono avanzate.

Chiudo con l’editoriale di oggi di Galli della Loggia che condivido pienamente, come spesso mi accade.

Ribadisco la mia proposta per la presidenza della Repubblica: Ernesto Galli della Loggia o Mario Calabresi.

So bene che è una proposta irrealistica, ma non faccio il politico, fortunatamente.

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