Sono anni ormai che sono iscritto ad un sindacato, di categoria, autonomo.
Iniziai a Cesena, secoli orsono, con un collega e amico: ci fecero alcune guerre contro, che ancora ricordo con particolare disgusto.
L’iscrizione è dovuta alla volontà di tutelare alcuni interessi e lotte professionali, non mi aspetto che il sindacato faccia niente di più di quello per cui è stato creato.
In questi giorni mi ritrovo a discutere, ormai quotidianamente, con iscritti, al mio come ad altri sindacati che hanno come parola d’ordine “problema”, tutto è sempre e soltanto un problema, tutti vogliono sindacare e discutere ogni minima scelta o indicazione; tutti chiedono regole, regole e regole.
Tutto deve essere scritto, codificato e guai a prendere un’iniziativa che non rientri tra quelle scritte. Tutto deve diventare talmente codificato che il risultato è la paralisi.
Mi è stata offerta l’opportunità di meditare la differenza tra norma e regola, tra diritto ed organizzazione.
Ogni sostituzione dei due termini, che non sono intercambiabili, implica un rischio enorme, ovvero la rinuncia alla propria competenza giuridica individuale.
Al momento ho individuato due fattori: il primo è l’invidia qui declinata in un “non si deve permettere agli altri ciò che non oso permettermi o chiedere io”. Il figlio maggiore della parabola del figliol prodigo mi pare ne sia l’esemplificazione.
Il secondo fattore è il narcisismo, nella formula della pretesa: non vi è lavoro ma soltanto attività di rivendicazione e lamentela. “Voglio, esigo, pretendo” in base a diritti astratti branditi come clave.
Da anni cerco di non consentire alla mia indole malinconica e pessimista, i colleghi con cui ho lavorato mi ricordano come uno che porta allegria e cerca di rasserenare gli animi, tuttavia mi ritrovo, ultimamente, sempre più sconfortato e pessimista.
Il popolo italiano è composto da una massa di persone nella gran parte incivili, in cerca di qualunque mezzo per ottenere il proprio immediato tornaconto.
La gran moda di scagliarsi contro i politici è una copertura utile a celare la propria crisi individuale: la colpa di una situazione ormai quasi tragicomica è di ciascuno di noi.
Lo vedo e sento quotidianamente, nei giochi politici di chi si sente un reuccio, in barba alle norme, di chi pretende servizi di ogni tipo, minacciando di “andare dal sindaco”, di chi chiede sempre se “non si può fare qualcosa” per trovare il modo per evitare una sanzione.
Lo vedo dall’incuria di strade dove chiunque pensa di poter buttare qualsiasi rifiuto, dagli argini dei fiumi scambiati per piccole discariche, dalle famigerate deiezioni canine sparse ovunque.
La Germania ci affama? forse è bene ricordare che abbiamo sperperato in ogni modo, che abbiamo un’assemblea regionale siciliana che ha un numero esagerato (e sospetto) di dipendenti (e intanto il governatore si compra 5 auto blindate), che in quella della provincia autonoma di non ricordo dove i consiglieri sono arrivati a chiedere il rimborso di sex toys, che nella nostra regione pure il rimborso del bagno della stazione hanno richiesto. Non mi scandalizzo pensando a quanti ricorsi contro sanzioni del codice della strada assurdi (e accolti dal giudice di pace di turno) vengono presentati (e per un divieto di sosta o una guida con telefonino si arriva alla Cassazione), a quanti “lei non sa chi sono io” (eh lo so, invece, lo so bene chi è il beep di turno), a “sono un collega” (il postino, il netturbino, il becchino, il dipendente comunale, provinciale, statale, europeo, mondiale, extragalattico… tutti sono colleghi quando serve), al “sono amico, parente, conoscente, benefattore di…”, oppure all’ultima che ho sentito “mia moglie è avvocato”.
Auto sul marciapiedi (l’ultima in merito, un tipo che circolava in auto sul marciapiedi: “e perchè non posso circolare qui? mica c’è il divieto” e dopo avere ricevuto la doverosa sanzione: “comunque vado dal sindaco perchè qui manca la segnaletica”), sui passaggi pedonali, in mezzo agli incroci, in doppia fila… taccio dei prezzi nei negozi, degli abusi edilizi, del lavoro nero, dell’evasione fiscale.
Non parlo di quel che succede negli stadi, alla ribalta in questi giorni, perchè privilegio gli aspetti di incuria quotidiana, generalizzata.
Per quel che conta la politica, rimango dell’idea che sarebbe utile un governo imperiale (capitale Vienna); mentre per la vita individuale consiglierei la cucina e la cura di orto e giardino; in entrambi i casi non crescerebbe nulla nè tantomeno si mangerebbe decentemente con le pretese, il che sarebbe una buona lezione per molti, dai quali non mi traggo in disparte.