“Prorompete insieme in canti di gioia,
rovine di Gerusalemme,
perché il Signore ha consolato il suo popolo,
ha riscattato Gerusalemme.” Is. 52,9.
Stamattina, alla messa delle 11.30, in San Benedetto, mia parrocchia da sempre, ho sentito risuonare queste parole del profeta Isaia.
Mi è venuta una piccola illuminazione: ho capito il famoso “già e non ancora”.
L’amore del Signore ci precede e ci fonda, cioè si parte trattati bene, si riceve un’apertura di credito (come nella parabola dei talenti). Gesù è già venuto.
Ma resta il non ancora che è il lavoro perchè ciò che è venuto fruttifichi. Si potrebbe dire che contemporaneamente oggi è Natale e non è ancora Natale: è Natale perchè Gesù è nato, ma fino a che io e chiunque altro che ne abbia notizia, non ci metteremo le mani (cioè pensiero, iniziativa, lavoro), sarà soltanto un giorno come un altro.
Nella noia, nella nevrosi, nella depressione, nell’invidia pur essendoci Natale, non si sviluppa il “non ancora”, credito sprecato come chi mette il talento sotto terra.
Tutto il contorno di luci, regali, tradizioni ha senso solo in questo spirito.
In questi giorni, in casa mia, non si festeggia il Natale; per quanto mi sforzi, nel muro di silenzio non riesco a creare nemmeno una crepa
Ma non dispero, o meglio, cerco di cogliere quel che succede, ogni tanto, di buono.
Gesù è comunque venuto.