Oggi, dopo alcuni anni, ho ripreso in mano la bicicletta e mi sono lanciato in una folle corsa verso il consueto luogo di lavoro. Sudato ma non troppo, divertito dall’idea, sono stato contento di avere provato e chissà non mi venga voglia di utilizzarla più spesso per sfrecciare nelle strade strette del centro storico.
Ho ricevuto pure un invito ad un’uscita pomeridiana che, però, non si è concretizzata, lasciandomi con un po’ di amaro in bocca: mi ero preparato per bene, non tanto per essere bello (mission impossible) ma per essere presentabile all’appuntamento.
Mi sono dedicato, per la seconda volta, ed avidamente, come sempre mi accade, alle ciliegie, ricavandone la stessa sensazione dell’altro giorno: gradevolezza e piacere ma con quella vena d’amarezza legata all’impressione di solipsismo, non ci si dà piacere da sè.
Mangio compulsivamente, divorando, spesso masticando poco, il contrario di quello che accade quando mi trovo con commensali degni di tal nome …
Ho iniziato anche a leggere “Morte a Venezia”; impressione assai sgradevole, mi sono trovato proiettato indietro di tanti anni, al liceo, sprofondato in un clima di estetismo più pensato che agito, chiuso in pensieri elitari sulla sensibilità, la bellezza, mio grande tormento ancora attuale, la solitudine del genio.
Leggo, oggi, con distacco ciò che un tempo avrebbe nutrito la mia sensibilità morbosa e mi accorgo di avere imboccato un’altra strada: un pericoloso anzi pericolosissimo bivio non ho imboccato, quella volta, ed oggi lo ritrovo come utile conchiglia, residuo senza vita ma testimone efficace.
Per quanto possa trovarmi in difficoltà mi ritrovo spesso dotato di mezzi imprevisti, tra questi i sogni: in questi giorni ne attendo uno con impazienza.