mobilità e inno alla carità

parco Vigeland“La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.
Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà…

Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”.

Cito dalla prima Lettera ai Corinzi di san Paolo, il famosissimo inno alla carità; ne ho ben motivo: stamattina sono stato contattato dall’ufficio personale di Sorbolo che mi riferiva del rifiuto a concedermi qualsiasi forma di mobilità o distacco ricevuto dal mio attuale datore di lavoro.

Percorrerò ulteriori strade prima di arrendermi, com’è ovvio; nel frattempo ho lavorato per acquisire un po’ dei famosi punti paradiso.

Avuta la notizia, mi è venuto subito da augurare agli artefici di tanto “gran rifiuto”… beh lascio immaginare cosa; è stato un momento, poi mi sono ripreso ed ho pensato che no, non si augura del male a nessuno, così ho fatto esercizio di carità ed ho lasciato perdere le maledizioni che mi sgorgavano abbondanti, variopinte, multiformi alla bocca.

Non consentirò a quello che ritengo un sopruso, ma le armi che userò saranno leali, magari politiche, pubbliche, dure ma leali.

L’ironia, poi, vediamo se saprà stemperare l’amarezza.

Colgo, in primis, che proprio Modena esprime il ministro di uno ministeri, secondo me più inutili, quello dell’integrazione (parente stretto di quello delle pari opportunità), insomma si blatera di diritti, astratti, propagandati per raccogliere voti ma, nel concreto, negati di fatto.

L’inghippo, mi riferiscono, starebbe nel timore di creare un precedente: capisco ed approvo.

In effetti il rischio che altri lavoratori vadano magari ad adottarsi un parente anziano, e per non farsi mancare nulla pure ammalato, ci vadano a vivere assieme con tutte le difficoltà di riorganizzare la propria vita, anche sociale, è altissimo.

Mi immagino già le schiere di dipendenti in cerca frenetica del parente invalido al 100 %, potrei organizzare un mercato, ci si potrebbe guadagnare qualcosa, fare un film “Alla ricerca dell’invalido perduto” e tutto per creare quell’enorme problema di permettere di andare a lavorare più vicini all’anziano, che ne ricaverebbe maggiori attenzioni sia come cure sia come compagnia (ma la solitudine non era un problema per gli anziani?).

Giusto, giustissimo, guai a creare precedenti così pericolosi, chissà le migliaia di opportunisti ad approfittarne?

Dov’è che ho letto che le strategie di gestione del personale parlano di fiducia, valorizzazione, ascolto?

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