Non ho ancora terminato la lettura del Mein Kampf che ho acquistato in edicola, ma ne possedevo già una copia; comprato a seguito delle polemiche scoppiate per la sua pubblicazione.
Ero curioso, da tempo, dopo la lettura dei volumi di George L. Mosse, di capire quali incredibili qualità fascinatorie possedesse questo testo sacro del fondatore del partito nazista.
Come anticipavo poc’anzi non ho terminato la lettura, sono all’incirca a metà ma l’impianto è chiaro e non mi aspetto rivelazioni sconvolgenti in seguito.
Cosa si trova, dunque, nelle pagine di Mein Kampf?
Violenza, razzismo, antisemitismo, psicologia delle masse.
Niente che non circoli anche oggi, in rete e non solo, ma espresso in maniera così pesante che dubito che qualsiasi persona normale potrebbe sopravvivere alla lettura di una decina di pagine e men che meno possa trovarvi alimento.
A meno che non sia già convinto di suo ma non serve, allora, perdere tempo a leggere i suoi sproloqui.
Ci sono brani che se venissero citati estrapolati dal contesto e senza rivelarne l’autore credo avrebbero un successo enorme anche oggi, anzi soprattutto oggi: “Ogni mattina, il signor rappresentante del popolo si reca alla sede del Parlamento; se non vi entra, almeno si porta fino all’anticamera dove è esposto l’elenco dei presenti. Ivi, pieno di zelo per il servizio della nazione, inscrive il suo nome e, per questi continui debilitanti sforzi, riceve in compenso un ben guadagnato indennizzo.
Dopo quattro anni, o nelle settimane critiche in cui si fa sempre più vicino lo scioglimento della Camera, una spinta irresistibile invade questi signori. Come la larva non può far altro che trasformarsi in maggiolino, così questi bruchi parlamentari lasciano la grande serra comune ed, alati, svolazzano fuori, verso il caro popolo. Di nuovo parlano agli elettori, raccontano dell’enorme lavoro compiuto e della perfida ostinazione degli altri; ma la massa ignorante, talvolta invece di applaudire li copre di parole grossolane, getta loro in faccia grida d’odio. Se l’ingratitudine del popolo raggiunge un certo grado, c’è un solo rimedio: bisogna rimettere a nuovo lo splendore del partito … Guidato dalla sua stampa e abbagliato dal nuovo adescante programma, l’armento «proletario» e quello «borghese»
ritornano alla stalla comune ed eleggono i loro vecchi ingannatori. Con ciò, l’uomo del popolo, il candidato dei ceti produttivi si trasforma un’altra volta nel bruco parlamentare e di nuovo si nutre delle foglie dell’albero statale per mutarsi, dopo altri quattro anni, nella variopinta farfalla.”
Mettendo in una pagina facebook una tale citazione, credo riceverebbe un plebiscito di apprezzamenti.
Questo sulla propaganda: “Quando un uomo politico cosiddetto nazionale teneva in qualche luogo una conferenza su questo argomento, la teneva a gente che in maggioranza era già del suo parere e che da quanto ascoltava veniva rafforzata nel suo modo di pensare. Ma ciò che allora importava non era questo, ma soltanto il guadagnarsi, con la propaganda e le spiegazioni, persone che finora la loro educazione e la loro mentalità avevano trattenuto nel campo avversario. … L’oratore riceve dalla folla stessa a cui parla una costante correzione della sua conferenza, in quanto che dal volto degli uditori può conoscere se e quanti di essi possano seguire con comprensione ciò che egli dice e se le sue parole facciano l’effetto e l’impressione desiderata.
All’opposto, lo scrittore non conosce i suoi lettori. Perciò egli non mira a priori ad una determinata moltitudine umana trovantesi dinanzi ai suoi occhi, e discorre in modo generico. Con ciò perde, fino ad un certo grado, la finezza psicologica e la flessibilità. E per questo un brillante oratore sa scrivere meglio di quanto un brillante scrittore sappia parlare, a meno che lo scrittore s’eserciti costantemente nell’oratoria. Si aggiunga, che la massa in sé è pigra, resta attaccata alle vecchie abitudini e non pone mano volentieri, da sé, agli scritti, se questi non rispondono a ciò che essa crede e non contengono ciò che essa spera. Quindi, uno scritto di determinata tendenza è, per lo più, letto solo da chi ha già simpatia per quella.”
Insiste ancora con una certa acutezza psicologica: “Maggiori prospettive possiede l’immagine in tutte le sue forme, compreso il film. Qui, c’è ancor meno bisogno di lavorare con l’intelletto: basta guardare, tutt’al più leggere brevi testi: perciò molti sono più disposti ad accogliere in sé un’esposizione fatta con l’immagine che a leggere un lungo scritto.
L’immagine apporta in breve tempo, e quasi di colpo, chiarimenti e nozioni che lo scritto permette solo di ricavare da una noiosa lettura.
Ma l’essenziale è questo, che non si sa mai in quali mani arrivi uno scritto; e tuttavia deve conservare la sua determinata compilazione. In genere, l’effetto è tanto maggiore quanto più questa compilazione risponde al livello intellettuale e alla natura di coloro che lo leggeranno. Un libro destinato a larghe masse deve quindi cercare di operare, con lo stile e con l’altezza dei concetti, in altro modo che un’opera destinata a ceti superiori.”
Un’ultima citazione: “Non di rado si tratta di vincere, negli uomini, prevenzioni non fondate sull’intelletto ma inconsce, appoggiate solo sul sentimento. L’abbattere questa barriera di istintiva avversione, di odio sentimentale, di dissenso preventivo è mille volte più difficile che il rettificare un’opinione scientifica difettosa o errata. False idee e cattive erudizioni possono essere eliminate dall’insegnamento: le resistenze del sentimento, no. Solo un appello a queste stesse misteriose forze può giovare qui; e questo appello può fare l’oratore, non mai lo scrittore.”
Hitler aveva capito come trattare le masse, non a caso ha avuto un certo successo ma temere la ristampa di un libro del genere non credo possa spaventare nessuno.
Quel che è certo è che Hitler era molto religioso, ovviamente non cristiano, anzi; cito quel che diceva Sigmund Freud, in L’uomo Mosè e la religione monoteista, in proposito: «non dimentichiamoci che tutti questi popoli che oggi hanno il primato dell’odio per gli Ebrei sono diventati cristiani solo in epoca storica tarda, spesso spinti da sanguinosa coercizione. Si potrebbe dire che sono tutti “battezzati male” e che sotto una sottile verniciatura di cristianesimo sono rimasti quello che erano i loro antenati, che professavano un barbaro politeismo. Non hanno superato il loro rancore contro la nuova religione che è stata loro imposta, ma l’hanno spostato sulla fonte donde il cristianesimo è loro pervenuto. Il fatto che i Vangeli narrano una storia che si svolge tra Ebrei e tratta propriamente solo di Ebrei ha facilitato questo spostamento. Il loro odio per gli Ebrei è al fondo odio per i cristiani, e non vi è di che meravigliarsi se nella rivoluzione nazionalsocialista tedesca questa intima relazione tra le due religioni monoteistiche trova così chiara espressione nel trattamento ostile a entrambe.»
Egli odiava ebraismo e cristianesimo mentre era interessato all’esoterismo che era comunque in voga all’epoca.
Com’è successo a certi personaggi storici, di trovarsi nel momento giusto per operare una sintesi “originale” o comunque efficace di quel che bolliva in pentola nella cultura del loro momento, così Hitler ha saputo far proprio e concretizzare un milieu culturale che era largamente diffuso anche se in diverse forme, embrionali.
La vittoria del razzismo Mosse ce l’ha spiegata magnificamente: Hitler ha condotto alla vittoria un’ideologia che ancor oggi ha lasciato qualche seme, perlopiù in ambiti insospettati.
Siamo così certi che il Führerprinzip, traducibile anche in “tutto il primato all’organizzazione” sia scomparso?
Ma le forme che ha assunto l’intolleranza sono politicamente corrette per cui non c’è da temere che succeda qualcosa a chi legga oggi il Mein Kampf poiché è vero quel che citavo prima: “uno scritto di determinata tendenza è, per lo più, letto solo da chi ha già simpatia per quella” e chi ha già simpatia non è interessato ad edizioni critiche e non ha nemmeno necessità dei leggersi un libro così noioso; temo ci siano ben altre fonti cui possa abbeverarsi chi vuol coltivare il proprio odio.