Sedici anni fa ero co protagonista, come testimone, di un evento a suo modo, almeno per me, storico: si sposò l’unica donna cui avevo chiesto io pure di poterla avere come consorte.
Era una bella giornata, (erano stati avvisati i carabinieri che come angeli custodi, discretamente, vegliarono sulla cerimonia) che ho vissuto con tantissima commozione: ero emozionatissimo, come uno studentello alla prima interrogazione (non mi è mai passata).
Ne sono venuti due splendidi giovanotti, cui sono legatissimo, anche se, purtroppo, li sento poco ed un’amicizia ormai quasi ventennale di cui sono molto fiero.
Unico dato positivo della giornata; per il resto ho ricevuto la brutta notizia (anche se mitigata dall’esito fausto) di una carissima amica che si è rotta in vari pezzi (fortunatamente ricomposti). Le auguro ogni bene ed una pronta ripresa perchè voglio abbracciarla forte quando tornerò a Rimini.
Che contrasto coi petteguless che vivo in questi giorni, clima di pietose invidie (a cena con alcuni e non con altri, mah): l’idea della predilezione è qualcosa di talmente estraneo da creare cattiveria gratuita, che pena.
Mi sembra impossibile uscire dal tunnel, come si usa dire (ma non per le chiacchiere, queste non mi importano).
Ringrazio le colleghe ed amiche che, anche oggi pomeriggio, adorabili, mi sono rimaste accanto: non so se riesco a manifestare come vorrei la mia gratitudine, quotidiana.
Si tratta, tra le altre cose, di appuntamenti cui conveniamo.
Convenire rimanda a convenienza, parola poco di moda se non nell’accezione, ribassista, delle offerte dei supermercati (ancora la maledetta crisi): l’amore mi sembra che sia convenienza o non sia.
E il matrimonio? domanda aperta