Marzemino con gli amici

a StoccolmaSabato sera, ospite a cena dalla mitica Daniela, amica ormai trentennale, tutta in colore ramato, capello lungo sciolto, quasi una valchiria; commensali ci sono Gabriele e Silvia, serata deliziosa come non avevo dubbi.

Ottime le crepes e gli straccetti di cavallo, ottima l’ìnsalatina di accompagnamento e straordinari i cioccolatini del favoloso Pierpaolo (unico cruccio: mi sarebbe piaciuto rivederlo).

Serata davvero bella, innaffiata da ottimi vini: Gabriele offre uno splendido Marzemino, vino solenne e morbido che oltre a essere famoso per la citazione nel Don Giovanni di Mozart, merita un posto di primo piano nelle tante meravigliose creazioni che questo derelitto paese ha saputo creare ed offrire al mondo; mi sono permesso, per sottolineare il piacere che provavo per l’occasione, di proporre, per fine cena, una bottiglia di veuve cliquot, uno champagne che è stato, almeno mi è parso, assai apprezzato.

La conversazione ha toccato tutti i temi che si sono presentati, partendo da quelli di stretta attualità politica che hanno colto in castagna la nostra ospite, già candidata nelle liste pidesche alle comunali (eh anch’io ho qualche frequentazione un po’ borderline): sui dati delle primarie si rivela del tutto non all’altezza delle curiosità che la incalzavano.

Gabriele è sempre uno straordinario amico che non finisce mai di stupirmi per l’acutezza del suo giudizio; Silvia invece, con la sua passione per il Gotterdammerung… passione che non riesce proprio a trasmettermi.

Gabriele parla dell’esecuzione di Wagner ad opera dell’orchestra della Scala, paragonandola, appunto, all’intensità, pastosità, capacità di avvolgere dell’ottimo vino.

Fino all’una chiacchieriamo amabilmente, senza perdere tempo nel ricordare il passato, ma discutendo del presente.

Si passa dal barocco, al feticismo, alla cucina, alla musica, ai vini, al cioccolato, alla storia della chiesa, alla psicologia, alla scuola, ed all’educazione.

Debbo ringraziarli per le piacevoli ore trascorse in un semplice sabato di fine anno, ma che banalità questa della fine dell’anno

io e Silvia ricambiamo l’apprezzamento per la tua compagnia. Veramente una banalità la fine dell’anno, per noi la festa di fine anno è stata con voi. Se c’è una speranza per l’anno che viene è posta dal presente di un tempo non sprecato con la compagnia buona. Invece domina la futile speranza dell’anno che viene sia diverso dal precedente. Ma perchè mai?

perchè è l’isterico rinvio ad un futuro che non verrà mai: per un verso offre il “sollievo” del cambio data (illusorio e banale), dall’altro mantiene nello stesso stato di prima perchè non c’è idea di lavoro in vista di un cambiamento possibile.
L’ultimo dell’anno potrebbe essere definito come kronos infiocchettato, rimane impensata l’idea del kairos o tempo del lavoro (lo stesso che hai fatto tu, caro Gabriele, imparando a lasciare i commenti: GRAZIE 🙂

Abbiamo usato entrambi la parola “banale” che non è per niente banale: significa che di ciò a cui viene riferita non ce ne facciamo niente. E’ una importante forma di giudizio. Come il capodanno: isteria condivisa da massa. Ben detto.

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