Approfittando della inconsueta stagione calda e del fatto che sabato pomeriggio sono andato alla Messa prefestiva in Duomo, domenica ho deciso di andarmene in gita, non troppo lontano ma in un posto che potesse essere attraente; cosa meglio di Mantova?
Primo treno alle 10 del mattino (ma verso le 9 metterne uno no eh?), arrivo verso le 11 e subito mi dirigo in cerca del centro dove so che troverò alcuni gioielli.
Credo sia successo alle medie che sono stato in gita lì ma non ricordo praticamente nulla: è una scoperta del tutto nuova e gradevole.
Il centro città è simpaticamente invaso da un bel po’ di gente che siede pacifica ai tavolini dei vari bar dalle cucine dei quali esce il tintinnare di piatti e tazzine: sembra una città pacifica.
Scoprirò che parte del movimento è anche provocato da un raduno di lagunari, soldati di cui ignoravo praticamente l’esistenza e che sfilano impettiti per il centro seguiti da varie decine di ex militari appesantiti da panze imponenti o incurvati sotto lo strapotere di artriti e reumatismi ma tutti fieri di arrancare dietro questi baldi e orgogliosi giovanottoni; qualche timido applauso li saluta quasi ad incoraggiarli e sostenerli ricordando l’ardimento della gioventù.
Non ero certo interessato a quello, che ritengo un semplice diversivo dalla meta: la Basilica di Sant’Andrea, opera di Leon battista Alberti, purtroppo assai limitata nella visita a causa di sacrosanti restauri; all’interno di trova la cappella con la tomba di Andrea Mantegna oltre ai vasi che avrebbero contenuto il Sacro Sangue di Gesù.
Dalla Basilica passo alla Rotonda di San Lorenzo, a pochi passi di distanza, nella splendida Piazza Erbe, coll’altrettanto splendido Palazzo della Ragione, per poi arrancare sulle scale della Torre dell’orologio astronomico di Bartolomeo Manfredi, sicuramente bello – l’orologio, non così la visita alla torre che non offre panorami particolarmente interessanti: i 3 euro del biglietto sono una cifra modica ma non valgono la visita; trovo, però, una bella e gratuita mostra personale di un pittore a me prima ignoto, Massimo Giannoni, intitolata “L’Aleph”, con dipinti molto ma molto belli e che consiglio a tutti di visitare: l’intensità dei colori, il loro movimento, la matericità colorata, luminosa e insieme materica mi affascinano tantissimo: complimenti al maestro.
Dopo la bella mostra corro in Duomo dove resto poco a causa della chiusura – è ora di pranzo – ma giusto il tempo per godermi alcune formelle di una Via Crucis in terracotta davvero splendida, opera di Andrea Jori: da un po’ di tempo apprezzo la terracotta, materiale a me poco congeniale visto che non è colorato, è opaco, insomma niente a che fare col rutilante marmo e coi colori che tanto mi deliziano; evidentemente sto diventando tollerante anche in fatto di gusto artistico.
Dal Duomo passo al Palazzo Ducale che mi occupa un paio d’ore senza che me ne accorga: bellezza straordinaria, stupefacente; la camera degli sposi mi ha lasciato senza parole ma tutto il complesso è davvero fuori del comune e merita la visita.
Da una delle finestre assisto anche ad un’inconsueta “cerimonia” che credo fosse una punizione: i lagunari di cui prima tessevo le lodi, una volta rientrati nel cortile ove si trovavano i mezzi, hanno dovuto effettuare una serie di flessioni che non aspettavo specie nel luogo in cui erano: devono avere fatto qualche sciocchezza durante la cerimonia o alla fine.
Dopo la visita al Palazzo Ducale, in Italia quanti gioielli abbiamo in città tutto sommato di ridotte dimensioni, mi dedico a varie chiese tra le quali spicca quella di San Sebastiano, sempre dell’Alberti, che mi lascia però assai indifferente anche perché l’interno, assai spoglio è stato trasformato in famedio dei caduti e non sembra più nemmeno una chiesa; nella cripta anche i pali delle forche dei cosiddetti martiri (martiri?) di Belfiore.
Anche la chiesa annessa al convento di San Francesco non sfugge al mio peregrinare mentre non entro nella casa natale della Beata Osanna Andreasi, chiusa e neppure nel museo dei cardinali Valenti Gonzaga che mi pareva altrettanto inaccessibile.
Mi avvicino al Palazzo Te, altro gioiello di stupefacente bellezza che per visitare mi richiede un esborso di 8 euro: come in altre occasioni noto che le forze di polizia dello Stato hanno diritto ad accesso gratuito, la polizia municipale no, sebbene il livello di scolarizzazione sia tutto a favore di quest’ultima.
Pago dunque ed entro in un mondo incantato di stanze riccamente decorate, una più affascinante dell’altra.
Quel che ho maggiormente apprezzato è l’abbondanza dei decori, che non lasciano spazi liberi, tutto è abbellito, elaborato, adornato ed è ciò che più corrisponde al mio gusto: non ce la faccio ad essere sobrio, amo gli eccessi di colore, di ornamento, di decoro.
Assai soddisfatto della giornata provo a visitare anche palazzo d’arco ma non potendo calcolare la distanza dalla stazione (che poi non era affatto lontana come temevo) e temendo di perdere il treno, decido di rinunciare.
Giornata positiva da ogni punto di vista: oltre al clima favorevole, la visita di Mantova si è rivelata una bella esperienza, per la bellezza della città; penso di tornarci.
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