Grande scoperta fatta oggi: il regime dell’oggetto nella vita quotidiana, in veste di legame “professore – studente”.
Lo “studente” è colui che lavora – e anche molto – in obbedienza al “professore”, tutto fa per compiacerlo trascurando il proprio pensiero per adeguarlo a quello di un altro che si presume che sia detentore di una qualche forma di potere o sapere e quindi da amare o di cui cercare l’approvazione, con l’eventuale unica aspirazione a prenderne il posto.
Questo “studente” non ha a cuore la propria soddisfazione ma la messa in scena, la riproduzione “meccanica” di questa modalità di legame, in fondo diventando non interessante per il “professore” e quindi a rischio di perdita di quel supposto amore che egli ritiene di poter meritare in virtù della docile obbedienza cui si sottomette.
Certamente questo tipo di elaborazione garantisce un ritorno – se non vi fosse, per quanto misero, non resterebbe in piedi così a lungo come normalmente accade, come il povero diavolo, armer teufel, di freudiana memoria – tuttavia è una miseria di retribuzione che garantisce, eventualmente, la semplice sopravvivenza.
Paradossalmente, ben noto paradosso, le possibili incrinature di questo ordine possono apparire pericolose quando non angoscianti perchè rappresentano un attentato alla stabilità dell’ordine.
Le obiezioni legate all’età – “sono troppo vecchio ormai” – o alla presunta mancanza di competenze sono il sigillo che conferma l’ordine “sacro”.
Da un simile fardello è possibile la liberazione ovvero la caduta dell’oggetto, la fine della teoria sull’amore: la scoperta che non vi è amore in ballo e che il gioco dei ruoli non porta da nessuna parte possono permettere altre strade.
Caduto lo schema si riapre la possibilità: dal coatto (istinto o anche “è più forte di me”) al possibile (legge, cioè diritto), si tratta di metafisica perchè la iuris prudentia è umana, non naturale.