libertà di giornalismo

Ho letto un interessante articolo di Sergio Rizzo, sul Corriere, dedicato ai corsi di aggiornamento dei giornalisti.

Vicenda  quella dell’ordine dei giornalisti che è tipica di un certo modo di pensare, non solo italiano (non siamo peggio di tanti altri in questo): l’idea dell’ordine dei giornalisti è un assurdo (come quello degli psicoterapeuti come ha ben chiarito il dottor Giacomo Contri in un video dal titolo emblematico Costituzione Art. 3. Libertà come libertà di psicologia  ed un libro da non perdere, Libertà di psicologia).

Che qualcuno, per raccontare gli eventi su cui indaga o di cui è testimone o interessato, debba chiedere l’autorizzazione ad un ente che gli conferisce “la patente” è ridicolo: chiunque, raccontando agli amici quel che ha visto in una certa occasione, oppure esponendo certe idee pubblicamente, magari in rete, fa opera di giornalismo.

Non proseguo oltre sull’insensatezza dell’esistenza dell’ordine, ma prendo nota degli effetti paradossali che una tale struttura comporta: a parte la gestione di un potere sanzionatorio che non ho nemmeno ben chiaro come funzioni, l’ordine dovrebbe garantire che cosa? la libertà di pensiero dei giornalisti? la qualità del loro lavoro?

Mi sorgono seri dubbi sulla utilità di mantenere in piedi una simile struttura anche guardando alla qualità ed indipendenza dei giornalisti, sia televisivi che della carta stampata.

 L’inutilità essendo sovrastrutturale crea ulteriori vincoli e ostacoli perchè ha necessità di dimostrare la sua utilità, ha bisogno di una sua burocrazia e quindi ulteriore produzione di norme che la tutelino e mantengano in piedi.

La storia dei corsi di formazione per giornalisti ne è l’esatta rappresentazione: l’inutilità che si riproduce.

Ho letto, poi, della polemica tra l’ordine dei giornalisti e alcune conduttrici televisive che farebbero interviste senza essere iscritte all’albo, quindi senza rispettare le regole deontologiche che impongono ai professionisti, immagino, norme rigidissime di comportamento etico.

Vicende come queste meriterebbero una risata da barzelletta, l’ordine dei giornalisti, invece, è reale e denunciante.

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