Laurea magistrale?
Ma che ansia!
Saputo con un qualche anticipo che il mio figlioccio si sarebbe magistralmente laureato in fisica, portando a compimento un bel percorso di studi, sono riuscito ad avere l’indispensabile preziosa collaborazione di mio fratello per potermi recare in quel di Milano, Università di Milano Bicocca, facoltà di fisica, edificio U4.
Scelgo di utilizzare il treno, che è un mezzo di locomozione che mi piace molto perché mi permette di starmene rilassato a leggere senza dover pensare ad altro.
Partenza prevista le 13:00, giusto per poter arrivare in quel di Milano in tempo, dovendo prima sistemare la persone e le cose di casa.
Arrivo in stazione e trovo, quasi come al solito quando ci capito io, una scala mobile non funzionante ma soprattutto – il che comporta una certa ansia – il tabellone degli orari del tutto spento, evento davvero inquietante.
Fortuna ha voluto che tutto tornasse nella norma, il tabellone si riaccendesse ed il treno arrivasse seppur in ritardo, fortunatamente recuperato.
Arrivato sul filo del rasoio, le lauree triennali hanno fatto slittare quelle magistrali, ho potuto concedermi qualche scambio di saluti con tutti i componenti della famiglia del figlioccio laureando.
Arriva il momento clou: il mio figlioccio, in completo azzurro con camicia bianca alla coreana e tesi di laurea color magenta chiaro (io l’avrei chiamato fucsia ma la mamma mi ha corretto) è il primo ad affrontare la commissione.
Parla stando in piedi, con microfono a gelato ed illustra senza tentennamenti il suo lavoro.
Preciso, puntuale, essenziale: la platea, sparpagliata nell’aula ad emiciclo, segue senza fiatare forse ammaliata dall’argomento, affascinante ed imperdibile per chiunque voglia definirsi un intellettuale à la page.
Sto scherzando, come ben potete immaginare perché dell’amena disquisizione nessuno, forse nemmeno alcuni membri della commissione, ha capito qualcosa, nemmeno il titolo, visto che era in inglese.
Unico neo che gli è stato abbondantemente e simpaticamente (spero) contestato, è stato la mano sinistra tenuta in tasca.
Dopo altre due incomprensibili esposizioni si è arrivati alla proclamazione: dottore magistrale col voto di 110 e lode (ovviamente sono inorridito perché il voto corretto è 110/110 con lode, ma siamo in un mondo scientifico anglofilo molto smart).
Il seguito è stato un veloce festeggiamento culinario nel giardinetto, molto simpaticamente condiviso con gli amici e i parenti, oltre che la, anche lei bravissima dottoressa magistrale, fidanzata (che ho conosciuto con gran piacere).
I tempi ristretti mi hanno imposto di andarmene nel pieno dei bagordi, dopo aver mangiato solo una fetta di salame, un frammento di formaggio e due stuzzichini, conditi da un dito di buon bianco; avessi almeno pensato di chiedere la doggy (nel mio caso catty) bag!
I tempi si sono rivelati molto ristretti con un altro attacco di ansia, il che non mi ha impedito di adempiere al mio civico dovere di buon cittadino (a quando l’Ambrogino?): ad un semaforo nei pressi dell’ingresso della metropolitana, un’ambulanza ha acceso i dispositivi luminosi e sonori di emergenza (ho imparato da colleghi scimmiottanti i policemen veri che si dice “andare in sierra lima”).
Il semaforo rosso vietava lo spostamento delle tre file di veicoli fino a che qualcuno ha iniziato a capire che muoversi doveva mentre altri, esitando, non sapevano dove andare, creando solo scompiglio e rallentamenti: il mio spirito censore mi ha fatto scattare in mezzo alla via e mettere i veicoli a posto per agevolare il transito del mezzo di soccorso che, infatti, è riuscito a sfrecciare via dall’ingorgo.
Arrivato con affanno e di corsa ai tornelli della stazione centrale mi trovo in coda per scansionare il qr code del biglietto, mentre mancavano ormai 4 minuti alla partenza.
Ovviamente le due persone che mi precedevano hanno avuto dei problemi, le porte non volevano saperne di aprirsi e la mia ansia montava come un cavallone nell’oceano; superata anche questa difficoltà, sudato come un caprone himalaiano sulla spiaggia riminese il 15 di agosto, mi sono seduto ansimante a due minuti dalla partenza: il treno ha avuto 7 minuti di ritardo, inspiegabili …
Il viaggio è andato bene, sono arrivato a Parma in orario (giusto qualche minuto oltre ma va bene così), ormai col buio della sera autunnale avanzata, momento ideale per non avere tentazioni razziste perché la strada che digrada dal colle della stazione al più basso sottopassaggio era costeggiata e presidiata da giganti giovinetti che mi restarono a fianco e mi guardâr.
Mi riconobbero (non credo), e – Ben torni omai –
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino –
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.
Insomma un folto gruppo di ragazzoni di colore, che se ne stavano a socializzare tra loro e, devo ammetterlo, il mio spirito razzisteggiante mi faceva pensare ai timori che deve provare (sia chiaro del tutto ingiustamente) una ragazza che si trovasse da sola a camminare con cotanti corazzieri a lato.
Conclusa, dunque, questa giornata che mi ha riempito di consolazione.
Che posso aggiungere? Oltre a ribadire di essere molto orgoglioso di avere cotanto figlioccio, sul rapporto con lui devo rimandare a quanto avevo già scritto ai tempi della prima laurea.
Splenda sempre il sole sul suo cammino, di cui spero di poter avere ancora qualche parte io pure.
Milano, 21 ottobre, memoria del beato Carlo I d’Asburgo, imperatore