Ieri, 28 maggio, ho definitivamente svuotato casa a Modena, ora pendolarizzo.
Sono accadute cose inaspettate cui non ho reagito troppo male.
Altro evento importante, per modo di dire, la pagella, con allegata serie di polemiche di chi si ritiene non sufficientemente valutato.
Mi è accaduto, peraltro, che una cara collega, tra le mie predilette, sia rimasta molto delusa dalla valutazione: le ho chiesto oggi, se la delusione fosse originata dai mancati introiti (quindi delusione finanziaria) oppure per una questione di”prestigio”.
Ha optato, come temevo e sapevo, per la seconda.
Mi sono permesso di farle notare che il pensiero ha due alternative: o avvitarsi su se stesso (come un aereo in caduta libera, con una durata anche di tutta la vita) o porre le condizioni perchè sia fruttifero (con apertura ad altri contributi).
L’ho invitata, quindi, stimandola come partner, a lasciar perdere.
In questo caso, si attaglia perfettamente il famoso “medice, cura te ipsum” e non come la solita obiezione, al contrario, come esortazione a fare memoria e tesoro di un sapere posseduto e inutilizzato.
Lasciar perdere è un atto virtuoso.