Lapsus e pace

Un atto mancato ed un lapsus.

Ho acquistato, stamattina due biglietti del treno, andata e ritorno; convalido, come sempre faccio, sono scrupoloso, quello che esamino e riconosco (?) come l’andata che poi butto nel cestino riservato alla carta nella stazione di arrivo.

Tutto bene; al ritorno mi accorgo di avere invertito i due biglietti: mi ritrovo tra le mani il biglietto di andata; ho viaggiato, di conseguenza, in mattinata, con un biglietto irregolare e la stessa cosa azzardo per il ritorno; mi è andata bene, nessun controllo; mi sarebbe dispiaciuto pagare una sanzione per un errore commesso in assoluta buona fede.

Il lapsus: facendo riferimento a mia cognata l’ho definita mia nuora, mettendomi nella posizione, non comoda e che non mi pertiene, di “marito” di mia madre e “padre” di mio fratello.

Parlando, invece, di ordini del giorno e varie ed eventuali… l’interessante sono le varie ed eventuali, ciò che sfugge alla rigida predeterminazione dell’organizzazione: si ripropone la questione della cura dell’orto di Voltaire ed ancor prima il buon grano e la zizzania, dove il lavoro di estirpazione della zizzania non è quello consigliato, a pena di danneggiare tutto.

Mi verrebbe da dire che il pensiero in via di guarigione è tendenzialmente pacifico, non cerca scontri, liti, guerre, maldicenze; può accettare di combattere giusto in chiave difensiva, ove entra in gioco la legittima difesa, mentre in tutti gli altri casi lascia perdere per privilegiare altro.

Solo la patologia sostiene il nemico.

Gesù non ha combattuto una sola guerra (ha anzi restituito l’integrità dell’orecchio al servo del sommo sacerdote) anche se non l’ha certo mandata a dire.

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