Un sogno di poche notti fa: sono in un lager, prigioniero, in compagnia di un giovane uomo; non è la prima volta che rientriamo nel lager, dopo esservi scappati.
Ennesima fuga, sono in una casa con cortile (come casa mia), dove ci sono dei bambini che giocano nel cortile.
Sono in casa con una donna; c’è una retata in corso; qualcosa che ha a che fare coi bambini… cercano me, sono circondato…
Questo il brandello di sogno.
L’ho unito ad alcuni atti mancati: per due volte mi sono chiuso fuori casa e, sempre due volte, ho lasciato aperta la finestra della camera di mia madre.
Non c’è che dire, la casa rappresenta certamente l’universo concentrazionario, la chiusura; nell’orizzonte casalingo ogni conflitto si amplifica a dismisura.
Il restare fuori casa e lasciare aperta la finestra (perchè entri luce) mi sembrano la soluzione adeguata: non è il prestare attenzione a ogni moto dell’animo che permette di uscire da sè (tanto che nel lager c’è un giovane uomo – l’identico, il doppio? e fuori una donna con bambini); le risorse vengono dall’esterno.
Aggiungo ancora che nel lager tutto è sotto controllo, organizzato, funzionante alla perfezione: non sono ammesse novità e gli imprevisti non sono di casa.
Ricompare la parola controllo, una delle mie tentazioni ricorrenti, di cui ho avuto modo di parlare, di sfuggita, col mio caro collega Cristian, un paio di giorni orsono: ricordando il viaggio a Cracovia, mi ribadiva la critica di non essere spontaneo, ma controllato.
Ambiguità della parola: l’ottimo Cristian scambia il lavoro per rendersi interessante all’altro (avrò cura della mia igiene, del vestire, del parlare… perchè venga voglia a chi ne sia interessato, di avvicinarmi) come opposto ad uno spontaneismo per cui è bello condividere tutto quel che passa per la mente (e non solo, penso a certe flatulenze) come mi disse una persona, poco dopo la mia assunzione, venuto a vivere a Modena: “qui è il regno di rutto e bestemmia libera” (non si riferiva alla città, ma ad un ambito assai più ristretto).
Non ho un buon rapporto con questo pietoso soggetto che ho stoppato subito, avendogli fatto notare che non amavo nè i primi, nè ancor meno le seconde.
Non per questo mi sento controllato; non sono certo queste le tentazioni cui mi riferisco.