Stanotte ho fatto un sogno: “ero in un cortile o piazzale davanti all’ingresso di un negozio (al cui interno c’era mia mamma?). Io ricevo la visita della Regina di Svezia (forse coinvolgo anche mio fratello); la tratto con onore e deferenza, ma è come se fossimo amici; forse la faccio accomodare dentro al negozio. [… mi sveglio e riaddormento] sono in auto o ciclomotore, sto tornando a casa quando vedo sul ponte che scavalca Via Mantova e la ferrovia un posto di blocco della polizia municipale e qualcuno che grida “fermatelo, fermatelo” [non rivolto nei miei confronti]. Sotto il ponte c’è un’altra pattuglia con la quale mi fermo a scambiare alcune parole; sono in tre, due uomini e una donna. Senza dirlo apertamente faccio intendere che siamo colleghi quindi dico loro che abito vicino e che verrò anche a lavorare vicino a casa e che sarò molto comodo”.
Questo il sogno.
Non ho, ovviamente, l’onore e il piacere di conoscere la Regina di Svezia (ben disponibile a farle visita tuttavia, qualora S.A.R. lo ritenesse opportuno), pensandoci mi veniva in mente la Regina di Spagna Doña Sofia, anch’ella a me sconosciuta ma di cui ho grande stima (stessa disponibilità a conoscerla, manco a dirlo).
La ritengo una sovrana degna di tal nome, sempre composta, sobria, con forte senso del ruolo che è chiamata a ricoprire, di grande rilievo istituzionale. Una donna che nonostante i tradimenti da parte del marito (ma quale re non tradisce, almeno fisicamente, la propria moglie?) sa stare al posto che le compete, con un prestigio ancora maggiore proprio perché sa come considerare le banali scappatelle del regale compagno.
Il sogno mi fa pensare all’incontro di due istituzioni, non paritarie ma senza sudditanza (la regina non va a casa dei poveracci); mi viene da immaginarmi come un banchiere o commerciante olandese del XVII secolo, di quelli che vestono eleganti abiti coi polsini inamidati e ricamati.
Mi viene alla mente anche l’Annunciazione che vede l’Arcangelo Gabriele portare una inaspettata ed impensabile notizia a Maria, umile serva del Signore, ma trattata dall’Arcangelo con giusta deferenza.
I colleghi mi ricordano invece la fine della solitudine, l’idea che ci sia qualcuno con cui sia possibile parlare intendendo la medesima lingua.
L’Arcangelo Gabriele, comunque, porta un nuovo pensiero, che si innesta su un vecchio pensiero; un pensiero non più rinunciabile, anche volendolo, semmai maltrattabile, ma non più cancellabile.
Un pensiero che si può aprire a nuovi ed impensati sviluppi.