Stavolta una delle mie ormai frequenti trasferte in quel di Reggio Emilia è dedicata alla Galleria Parmeggiani, ameno luogo di cui ignoravo l’esistenza e che, invece, è una curiosa tappa da inserire in ogni visita degna di tal nome in questa città ormai uno degli sparuti baluardi della sinistra italiota (speriamo per poco ancora).
La Galleria Parmeggiani nasce per iniziativa di Anna e Luigi Parmeggiani, personaggio quest’ultimo forse degno di essere protagonista di un romanzo di appendice: nato in quel di Reggio Emilia, come il cognome non suggerisce, il Parmeggiani, anarchico, va in giro per alcune città d’Europa per stabilirsi, infine, a Parigi.
Partecipa agli attentati a Celso Ceretti, ex garibaldino di Mirandola, e poi a Camillo Prampolini, assieme a tal Vittorio Pini che, a differenza, di lui, finirà i propri giorni nelle famigerate prigioni francesi della Caienna e che sarà citato nelle opere di Lombroso (ma Lombroso lo incontreremo presto, sempre legato a Reggio Emilia).
Capisce poi come va il mondo, si fa un po’ di galera e quando ne esce si rifà una vita.
Una vita complicata che gli permette, però, di vivere nell’agiatezza: c’è, forse, un tal Victor Marcy di cui Parmeggiani frequenta l’attività e di cui sposa la presunta vedova, figlia di un pittore spagnolo, Ignacio León y Escosura, probabilmente un abile falsario; si fa fama di esperto d’arte sotto lo pseudonimo di Louis Marcy, conosciuto anche come “le beau Louis”.
I prodotti venduti, a marchio “produzione Marcy”, imitazioni di oggetti medioevali e rinascimentali, hanno un grande successo e permettono al Nostro di arricchirsi.
Morta la moglie, sposa la figlia di un pittore reggiano, Cesare Detti, cognato di Escosura, insomma, per dirla in termini semplicistici: un gran casino.
Fatto sta che nel 1924 torna a Reggio dove acquista un palazzo – vorrebbe comprare l’intero isolato ma la vicenda è lunga e complessa e alla fine non riesce – che ristruttura e la cui forma è liberamente ispirata al reliquario Marcy (presente nella collezione dei gioielli), in stile gotico rinascimentale, con l’ingresso caratterizzato da un portale del XV secolo proveniente da Palazzo Mosen Sorell a Valencia.
A causa di problemi economici, Luigi Parmeggiani dona tutto al Comune di Reggio Emilia, in cambio di una pensione in forma di vitalizio; da qui nasce l’attuale Galleria Parmeggiani.
L’ingresso è gratuito, le sale non sono tutte accessibili, causa lavori di restauro, ma quel che c’è da vedere è molto interessante, con l’attenzione da prestare al fatto che potrebbero essere opere autentiche o dei falsi, un’esposizione molto attuale se si pensa ai dibattiti sulle fake news di cui si discute spessissimo in questi tempi.
Cosa c’è in esposizione dunque? un collettame – utilizzo un termine che una capetta del mio precedente lavoro utilizzava a sproposito – insomma di tutto un po’ mobili, sculture, arredi sacri e profani di provenienza europea.
Mi hanno particolarmente colpito, le sculture sacre medioevali che mi ricordano opere analoghe che ho visto al Museu nacional d’art de Catalunya di Barcellona poi due quadri davvero molto belli: Trittico del XVI secolo oggi attribuito al maestro di Bruges (in passato riferito a Van Eyck, ricordate? quello che è presente anche nella splendida Villa dei Capolavori, della Fondazione Magnani Rocca); il pannello centrale (è copia con lievi varianti di un’opera di Memling esposta a Berlino) raffigura la Madonna con il Bambino, San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista, mentre sul retro c’è l’Annunciazione.
La seconda opera splendida è il Salvatore Benedicente di El Greco (attribuito con certezza).
Poi un delizioso Trionfo, fronte di un cassone nuziale, opera di Giovanni di Ser Giovanni detto Lo Scheggia, fratello di Masaccio.
Splendidi oggetti della manifattura Marcy sono alcuni reliquari, ovviamente falsi, cioè non risalenti al medioevo.
Le armi, perlomeno alcune, come certi tessuti, sono frutto di assemblaggi e ricomposizioni con buona probabilità eseguiti da Leon y Escosura, tutto all’insegna di un gusto allora evidentemente di moda che oggi definiremmo un po’ pesante.
Testimonianza di un’epoca neanche troppo lontana, di cui troviamo tracce in tanti edifici, soprattutto chiese ma non solo, in stile neo romanico o neo gotico: ricordo con grande piacere, ad esempio, la Votivkirche di Vienna, in stile neogotico (ah le mie gite a Vienna, che bei ricordi).
Merita la visita, ma attenzione, come tutti i musei di Reggio Emilia, chiude alle 18, che in giugno è un orario leggermente infelice.
Reggio Emilia,28 maggio 2023 Solennità di Pentecoste