Giornata trascorsa, come le precedenti, in ospedale; tutto procede bene.
La lunga permanenza mi permette la lettura del giornale che mi porta mio fratello. Stamattina un articolo di Gillo Dorfles sull’invidia ha attirato la mia attenzione: ben scritto, come ci si aspetta, ma quale differenza con quanto mi è capitato di leggere in argomento.
L’invidia è uno dei temi che il dottor Contri ha affrontato spesso e che ha saputo rendere con il raccontino medioevale dei due invitati a corte.
Al primo viene promesso che verrà accolto un desiderio, qualunque esso sia; avvisato, però, che al secondo, che non può formulare alcuna domanda, verrà dato il doppio rispetto alla sua richiesta, questi esclama: “cavami un occhio”.
L’invidia non vuole emulare l’altro, non è causa di movimento, se non quel poco, compromissorio e in perdita, che si salva nella patologia; non è una spinta “per smuovere l’uomo dall’apatia, dal disinteresse, per ridarci un po’ di quell’entusiasmo mancante”; al contrario è mortifera perchè conosce solo la strada della distruzione e del narcisismo (invidiami!)
Le citazioni di Simmel (sociologo tedesco) e di Freud (l’invidia del pene e che altro?) non colgono nel segno: l’invidia è un peccato capitale, come si dice di una pena, che è capitale, ovvero ne va della vita.
L’invidia del pene non “positivamente conduce al desiderio di avere un bambino quale equivalente dell’organo mancante”: il bambino come il tappabuchi (quale buco?) della mancanza della mamma. Mi viene in mente una barzelletta sconcia: due bimbi di sesso diverso si incontrano ed iniziano una competizione basata sullo sfoggio dei giochi da ciascuno posseduti; non so chi inizi ma poniamo sia il maschietto che mostra alla bambina la sua collezione di soldatini; lei si allontana un attimo quindi torna, trionfante, sfoggiando la sua collezione di barbie; il bambino cambia settore ed esibisce un modellino di auto nuova fiammante; la bimba reagisce con la carrozza della principessa… la sfida continua fino a che il bambino ha l’idea geniale: si cala i pantaloni e le mutandine e, voilà: “io ho il pisellino e tu no!!!”, categorico e trionfante.
La bambina accusa il colpo, sulle prime non sa che rispondere, corre da mamma e torna con un sorriso a 32 denti, sfavillante come un diamante di rara caratura: “mamma mi ha detto di non preoccuparmi, da grande potrò averne quanti vorrò, di quelli!!!”
Nemmeno lo spirito di competizione lo vedo come un modo di comportamento virtuoso perchè ha il proprio scopo nel vincere l’altro (da cui farsi invidiare) e non nel fissargli un appuntamento.
La competizione, si potrebbe dire, è la guerra condotta con altri mezzi.
Gesù si sottrae ad ogni tentativo di coinvolgerlo in competizioni (da quella tra Marta e Maria, a quelle tra gli apostoli).
Mi è accaduto, ed è la seconda volta in poco tempo, di richiudermi fuori di casa: stavolta la soluzione è stata più semplice, anche se seguita ad un bell’attacco di ansia.
Che sia un segnale di stanchezza?