Chiamo incubo il sogno di stanotte perché mi ha molto spaventato e svegliato, con un grido strozzato, ma andiamo con ordine.
Mi trovo in un ampio salone, dipinto di fresco, le pareti sono azzurre con una fascia bianca nella sommità; il lavoro mi piace molto ed osservo con attenzione una parete scoprendo che la pittura non è uniforme, ma ha dei disegni che si intravedono a rilievo (forse), una sorta di bolle od ovali, quasi fosse cangiante.
Ne parlo con una donna, che non conosco ma è stata la o una delle realizzatrici dell’opera.
Guardando una cornice portafoto appoggiata forse ad una tv, le spiego che ne avrei bisogno anche per casa mia ma, vedendo l’indirizzo indicato, scopro che la ditta è di Forlì e quindi non utilizzabile per il lavoro.
Probabilmente le chiedo se lavorano effettivamente a Forlì e, a seguito di risposta positiva, considero che sia troppo lontano per chiedere loro di fare per me identico lavoro.
La donna si dice d’accordo, la distanza è troppa, non sarebbe conveniente economicamente.
La scena cambia radicalmente: sono in corridoio, in casa, è notte, mi sono svegliato, alzato dal letto e mi sto dirigendo in cucina, apro la porta (o forse è già aperta, e trovo mia mamma impiccata, che penzola dall’alto (la stanza sembra altissima) ed un cordone colorato, una fascia più che una corda, come quelle delle vestaglie, penzola fino a scendere a terra.
Atterrito da questa visione urlo disperatamente: “mamma!” e mi sveglio.
Un riferimento storico: narravano le voci, ai tempi del liceo, che la professoressa d’inglese avesse trovato il cadavere del proprio padre, impiccatosi al lampadario del soggiorno.
Parma, nella notte tra 30 aprile e 1 maggio 2020