Quando vivevo a Rimini ed ero in coppia fissa col capo di allora, il mitico inarrivabile Umberto Farina, si condivideva tutto quel che poteva essere utile l’uno per l’altro come, ad esempio, il meccanico per l’auto.
Fu lui a consigliarmelo, un’ottima persona, serio professionista e pure onesto quanto ai prezzi; questo meccanico aveva due figli, giovanissimi ai tempi, uno però già appieno nel mondo del lavoro, l’altro, il minore, baldanzoso apprendista.
I loro nomi: Simone e Filippo Antonelli; ci fu simpatia immediata e tanta stima.
Avete presente il miglior prototipo di romagnolo? Cordiale, spiritoso, operoso, leale, ce ne sono, credetemi, merce rara ma ci sono e ne ho conosciuti alcuni; ebbene sia il padre sia i due figli, Simone e Filippo, rientravano in questa descrizione.
Sono stato loro affezionato cliente, avendo la mia incondizionata e totale fiducia, ben sapendo che avrei trovato degli interlocutori che mai avrebbero profittato della mia notoria incompetenza (se fosse vero che “donne e motori gioie e dolori” vivrei una vita in perfetta atarassia) in fatto di veicoli con o senza motore.
Li ho dovuti lasciare, con dispiacere, dal momento in cui mi trasferii in quel di Modena; da allora, non ho più avuto modo di vederli ma ne ho sempre conservato un affettuoso ricordo.
Ieri, del tutto inaspettatamente, mi sono arrivati alcuni messaggi da parte di Umberto che mi comunicavano il funerale del buon Filippo, prematuramente scomparso all’età di 41 anni.
Non avrei potuto partecipare alle esequie, vista l’attuale situazione famigliare, e me ne rammarico ma voglio mostrare, per quel che è possibile, vicinanza alla sua famiglia.
Come sa chi mi conosce, non parlo bene dei defunti perché così si deve fare (de mortuis nihil nisi bonum), piuttosto taccio; se ne tesso le lodi è perché ne ho sperimentato personalmente le qualità: Filippo è sempre stato, per la mia frequentazione, persona squisita e questo basti poiché non ci sono parole adeguate per descrivere quel vuoto che resta dopo la morte di una persona cara.
Sono certo che tutte le qualità che lo hanno contraddistinto saranno eredità per coloro che hanno avuto – come il sottoscritto – l’onore ed il piacere di averlo conosciuto; Simone, la moglie, i figli, gli amici, non restano a mani vuote; al contrario hanno tra le mani un patrimonio da custodire, far fruttare e tramandare: Filippo ha seminato bene, a loro, a noi, a ciascuno di noi, coltivare e portare a frutto; un fiore è appassito ma ha lasciato tanti semi che potranno rendere ancor più rigoglioso questo giardino che è il mondo.
Come avviene sempre, quando ricordo una persona cara, chiudo con le parole di J.R.R. Tolkien che, a mio parere, rappresentano il miglior modo di affrontare un così terribile lutto:
“In tristezza dobbiamo lasciarci, ma non nella disperazione. Guarda! Non siamo vincolati per sempre a ciò che si trova entro i confini del mondo, e al di là di essi vi è più dei ricordi. Addio!”
Qualcuno gli sta sicuramente dicendo: Vieni, Filippo Antonelli, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore” (Cfr Mt, 25,21).
Parma, 27 marzo 2024, mercoledì della Settimana Santa