La vocazione imprenditoriale milanese è ben testimoniata nel cimitero moumentale che racchiude e testimonia al mondo lo spirito di impresa che contraddistingue l’uomo d’affari meneghino.
Ci sono tanti busti che sembrano “certificare” un “io ce l’ho fatta”, testimoniato al mondo, proprio come si esibisce la villa con il parco o l’arredamento di moda, ma non è solo esibizione, quanto piuttosto una forma di esaltazione del lavoro, quasi più calvinista che cattolico.
La tomba magnifica, fianco a fianco di quella del rivale, mostra non solo i risultati conseguiti ma il prestigio raggiunto e rappresenta una sorta di ideale dell’io, un “come vorrei che gli altri si ricordassero di me”; un dipinto come quello di Dorian Gray che, fissato nel marmo o nel metallo, è una sorta di simulacro di eternità, magra consolazione di chi non è più.
Foscolo aveva celebrato i sepolcri nella sua lirica più famosa (che il mio professore del liceo voleva farci studiare a memoria), tema non nuovo ma magistralmente trattato, per i versi non per i contenuti.
Le opere milanesi sfidando il tempo sembrano davvero essere: “Testimonianza a’ fasti eran le tombe,/ed are a’ figli”.
La laica religione di Foscolo non è, però, la risposta che l’uomo cerca, così come insoddisfacente è la sfida che qualche “libero spirito” sembra lanciare alle consuetudini del tempo (“qui riposano due socialisti”, che peraltro avrebbero potuto riposare benissimo altrove, con minori spese e del tutto anonimamente).
Il cattolicesimo sembra essere il pensiero dominante ma l’imponenza delle opere, quasi lo sfarzo dei materiali e la scelta di veri e propri artisti per progettarle e realizzarle mi suggeriscono l’idea di una chiesa che rincorre l’ideologia del tempo forse più che fecondarla.
Nelle tombe del Novecento, invece, comincia a trasparire l’angoscia, le figure si fanno via via più smunte, quasi dissolte nel dolore o in slanci mistici verso un cielo che non sembra poter rispondere.
I busti dei cavalieri del lavoro, dei grandi ufficiali o degli industriali (le magnifiche sorti e progressive) cedono il passo a momenti di intimistico raccoglimento o di provocatoria bellezza: i corpi si ripiegano nello strazio del dolore oppure, seminudi, mostrano una bellezza ideale e, a volte, sfacciata.
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