Notoriamente non seguo le vicende della nazionale di calcio, di cui mi importa men di niente ma mi ha incuriosito o meglio divertito la polemica estiva sul mettersi in ginocchio, a sostegno (o per solidarietà) con la lotta del movimento black lives matter.
Ammetto la mia riconosciuta ignoranza riguardo a questo movimento americano, né ho interesse a colmarla al momento; mi concentro sulla divisione che ha percorso la squadra di calcio italiana rispetto al gesto del mettersi in ginocchio.
Non un buon segnale, per una squadra, cioè per un gruppo che deve mostrare (a prescindere dall’esistenza reale) compattezza, quindi era forse meglio deciderlo prima, in modo da evitare inutili polemiche ed imbarazzi.
Ma tralasciando anche questo, il gesto di mettersi in ginocchio di quelli che lo hanno fatto in occasione di non so quale partita, aveva l’intenzione di sostenere cosa? La lotta al razzismo? La protesta contro la polizia americana? O che altro ancora?
E chi non l’ha fatto sostiene quindi il contrario? Il pericolo che si corre, in queste occasioni, e con gesti plateali, è di riprodurre lo schema molto in voga sui social (ma esistente da che mondo è mondo) dello schieramento, cioè dello stare da una parte contro un’altra.
Ne ha parlato con magistrale ironia, Massimo Gramellini, nella rubrica “Il caffè” sul Corriere della Sera, “In ginocchio da sé“, che, ironicamente appunto conclude che i giocatori inginocchiati pregherebbero contro il razzismo, quelli in piedi, al contrario, testimonierebbero la laicità della nazione / nazionale italiana.
Gesto buttato lì, senza riflessioni aggiuntive che spieghino, rompano steccati, non banalizzino.
Col rischio di banalizzazione e conformismo: nella situazione politica e culturale attuale il “potere” dominante culturalmente è una certa ideologia che vede nel razzismo una delle origini di tutti i mali, ovviamente nel razzismo dei bianchi, perché solo i bianchi sono brutti, sporchi e cattivi e devono pagare le colpe dei padri e dei padri dei padri fino alla millesima generazione.
Così si eliminano le statue di Cristoforo Colombo e si sopprime il Columbus day solo per citare alcune delle iniziative della Cancel Culture.
Banalizzazione è sinonimo di rimozione.
Quanto al conformismo, cito velocissimamente il Machiavelli dei “Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio” che sostiene una verità innegabile ovvero il “vedere come quelli popoli che sono più propinqui alla Chiesa romana, capo della religione nostra, hanno meno religione“.
Se la cultura dominante vuole la condanna di certe forme di razzismo è chiaro che chiunque abbia da guadagnarci metterà in atto ciò che ci si aspetta da lui, diverrà un perfetto conformista o, per dirla alla Calvino, un bravo nicodemita, dissimulerà per non avere fastidi.
Che la gaffe di Chiellini, la sinonimia tra nazismo e razzismo, abbia a che fare con questo? Rimando a “Psicopatologia della vita quotidiana” di Sigmund Freud per valutare appieno la portata di tale lapsus.
Mi spingo nell’ambito dell’ucronia e mi chiedo: cosa succederebbe se il capitano, magari goleador insostituibile della nostra nazionale, alla vigilia di una finale importantissima tipo mondiali, ebbene cosa potrebbe mai accadere se questo, davanti a centinaia di giornalisti, ammettesse candidamente di essere un razzista?
Non ho una risposta, quel che è certo, però, è che se si diventa importanti influencer e si ammette di avere peccato, il perdono è assicurato e l’odioso razzismo del passato viene cancellato con un colpo di spugna.
Prima di pubblicare questo post ho saputo che in occasione dell’incontro col Belgio, per rispetto a questa squadra, che ha l’abitudine di inginocchiarsi, lo farà anche la nazionale italiana, stavolta compatta.
Ma non per sostenere la causa del black lives matter, quanto per solidarietà con la squadra avversaria.
Sia come sia, finalmente riusciremo a riunirci a coorte, finalmente non saremo più Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di inginocchiarci insieme
Già l’ora suonò.
Credo che in una situazione come questa la lotta al razzismo sia ancora molto molto molto lontana dall’avere un inizio.
Parma, 29 giugno 2021, solennità dei santi Pietro e Paolo