Il mistero di Torino. Due ipotesi su una capitale incompresa è il titolo di un bel volume che Vittorio Messori e Aldo Cazzullo hanno dedicato alla città di Torino.
L’ho ricevuto in regalo lo scorso Natale dagli amici Silvia e Gabriele.
Ho iniziato a leggerlo quasi subito, con interesse e con piacere: è un volume che si gusta davvero con piacere.
La prima, corposa parte, è un’autobiografia di Messori, torinese acquisito, al cui interno si colloca la storia a lui contemporanea della capitale sabauda, ma con numerose digressioni e particolare attenzione a figure importanti del cattolicesimo ottocentesco, dall’ovvio san Giovanni Bosco al meno noto beato Francesco Faà di Bruno, da san Giuseppe Benedetto Cottolengo a san Giuseppe Cafasso, senza dimenticare i beati Giuseppe Allamano e Pier Giorgio Frassati.
Non vengono trascurati nemmeno i torinesi non dediti a opere di religione, quindi, com’è ovvio, gli Agnelli, Vittorio Valletta, i sindaci, democristiani o comunisti che fossero, i politici, primi tra tutti Gramsci e Gobetti ma anche i maestri stessi di Messori, da Bobbio a Firpo.
Comunisti e massoni sono ben rappresentati, e liquidati, per quel che meritano.
Ne emerge una città ricca di contraddizioni, un po’ funerea, molto austera, dedita più al fare che al commerciare, apparentemente condannata a veder fuggire i cervelli che lei stessa ha prodotto.
Una capitale che ha abdicato, non proprio volontariamente, al suo ruolo in favore della propagandatissima Roma e che ha sempre visto fuggire, soprattutto a Milano, le migliori energie.
Come ci si aspetta da Messori, è ben esplorata la Torino cattolica, quella dei cardinali Pellegrino e Ballestrero, dei pellegrinaggi degli operai Fiat a Lourdes e della Sacra Sindone.
Non è trascurato anche l’aspetto misterioso, anzi misterico, di Torino, quello che la vede tra le città più sataniche o comunque occultiste del mondo, con cammei dedicati a qualche personaggio fuori del comune.
Anche il contributo di Aldo Cazzullo, che si occupa anche di calcio, il che è contrario alla mia religione, mantiene la città nell’antipatia che pare essere una delle sue caratteristiche dominanti.
Città antipatica, con vocazione pedagogica ed è risaputo, scrivono gli autori, che i pedagoghi sono antipatici: come dar loro torto?
Autobiograficamente devo confessare di essere stato a Torino un paio di volte; la prima quando andammo in visita a mio zio, fratello più giovane di mia mamma, secoli or sono, non saprei nemmeno dire quando.
Lui abitava, ed abita tuttora a Cavagnolo, un paese a una cinquantina di chilometri da Torino: quella volta, non mi è chiaro come mai andammo a trovarlo e restammo suoi ospiti un paio di giorni, almeno credo, ma di sicuro ci portò in visita nel capoluogo, forse a Superga in particolare.
Di quella visita non ricordo assolutamente nulla, il che non depone a favore della sua piacevolezza.
La seconda volta avvenne in anni più recenti e per motivi di lavoro: ero dipendente della Coin e venni inviato per una settimana a Torino dove veniva allestito un nuovo punto vendita (o veniva ristrutturato? non ricordo); in quell’occasione collaborai a stretto contatto con un altro ragazzo tanto simpatico quanto isterico, con tutta la scenografia dell’isteria, che, come il sottoscritto avrebbe dovuto diventare capo negozio.
Dalle poche voci che ebbi successivamente anche a lui non andò bene e lasciò l’azienda, come avrei fatto anch’io non tantissimo tempo dopo e con molto sollievo.
In quella settimana ci dedicammo al lavoro, tanto e senza tante pause per cui non ebbi molto tempo a disposizione per visitare la città.
Ricordo vagamente la Mole Antonelliana, famosissima, ma nient’altro.
Curiosamente Torino è una città non proprio a portata di mano ma nemmeno irraggiungibile che non ho mai avuto desiderio di visitare, nonostante il Museo Egizio e la Reggia di Venaria.
In questo condivide la medesima sorte di Genova, altra città che ho visitato in gioventù, in occasione di una mostra floreale, dove riuscii a portare anche mia mamma, in una delle rarissime sue uscite, e in cui sono tornato un paio d’anni or sono o forse meno.
Pur essendo una città in cui non è difficilissimo arrivare, raramente mi viene l’idea di andarci, sebbene abbia in sospeso la visita al cimitero monumentale di Staglieno, col particolare curioso di mia zia che andò in viaggio di nozze proprio a visitare quel luogo di sepoltura famosissimo.
Da qualcuno il gusto del funebre l’ho ereditato.
Torino e Genova, insomma, non mi hanno preso il cuore, a differenza di Roma.
Evidentemente sono un barocco mediterraneo inside.
Parma, 2 febbraio 2018 presentazione di Gesù al Tempio e memoria del Beato Andrea Carlo Ferrari