Galleria Doria Pamphilj

La Galleria Doria Pamphilj è stata l’ultima tappa di questa escursione settembrina a Roma; prima un saluto veloce al caro amico Danilo, col quale scambiamo 4 chiacchiere mascherinate seduti sulle scale antistanti la chiesa delle Stimmate di San Francesco che avevo visitato poco prima  in solitaria.

Chiesa non particolarmente entusiasmante ma che merita una visita, come ogni edificio sacro di Roma.

Ma eccomi alla Galleria Doria Pamphilj, un luogo straordinario, dove le parole rincorrono a fatica l’emozione che si prova percorrendo i saloni della quadreria.

Le opere, numerosissime, sono posizionate come lo erano a metà del Settecento: l’aria che si respira è quella della ricchezza e del potere, di uno sfarzo che era quasi obbligato per l’epoca, per coloro che tenevano le chiavi del comando.

Un palazzo, di origine cinquecentesca, davvero splendido, con le gallerie, lo ripeto, che tolgono il fiato e poi le opere che custodisce, un insieme di dipinti e non solo, ci sono anche sculture bellissime, che sembra fatto per stordire, affascinare, soggiogare il visitatore.

L’elenco dei capolavori custoditi è lungo, quello delle opere sterminato, ma ci sono alcuni dipinti, certe sculture che rimangono nel cuore, almeno nel mio.

Il più famoso dei dipinti è quello di Velazquez, il ritratto di Papa Innocenzo X, Pamphilj: è risaputo che lo stesso sovrano lo definì “troppo vero”, per via di una rappresentazione del Pontefice straordinariamente efficace ed espressiva: dal volto di Innocenzo X emerge tutto il carattere di un uomo che doveva essere particolarmente duro ma anche con qualche inquietudine.

Opera che verrà ripresa da un pittore a me molto caro, quel Francis Bacon di cui ho voluto assolutamente vedere una splendida mostra alla “Tate Britain” a Londra, in uno dei miei viaggi con l’amico Agostino, nell’ormai lontano settembre 2008: rappresentazione plastica dell’angoscia, spesso mia fedele compagna di vita, gli Studi su Innocenzo X sono la rielaborazione capolavoro di un capolavoro.

Ma poteva mancare anche un altro prediletto? Gian Lorenzo Bernini che si esibisce in uno splendido busto del Pontefice, ritratto anche da un altro scultore che apprezzo molto, l’ottimo Alessandro Algardi, di quest’ultimo anche il busto di Olimpia Maidalchini, volitiva cognata del Pontefice, malvoluta come pochi e divenuta la quintessenza del vituperato nepotismo.

Già queste opere meriterebbero la visita, ma se ci aggiunge Caravaggio, presente con tre capolavori tre, si capisce come siamo di fronte ad uno di quei luoghi della Città Eterna che non si possono non visitare; ci sono uno splendido san Giovanni, la Maddalena penitente ed il Riposo durante la fuga in Egitto, ognuno di questi è di rara bellezza.

Della Maddalena sono da notare i gioielli abbandonati a terra, del san Giovanni la posizione del giovinetto che sembra più un modello in posa plastica che il cugino di Gesù.

Ci sono ancora opere di Parmigianino, Guido Reni, Sassoferrato, Spagnoletto, Raffaello, Lorenzo Lotto, Filippo Lippi, Guercino, Domenichino, Pieter Bruegel il vecchio, Annibale Carracci ed ancora altri.

Ogni angolo, ogni passo è accarezzato dalle splendide opere custodite, dai busti, dai mobili, tutto testimonia che l’uomo è artefatto, metafisica, pensiero.

Una visita molto istruttiva, quella alla Galleria Doria Pamphilj perché racconta di storia della chiesa, del costume, della politica di quel secolo così importante che è stato il Seicento.

Roma, 14 settembre 2020 festa dell’Esaltazione della Santa Croce

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