Due cose mi hanno disturbato, al cimitero monumentale: in primis i fiori di plastica.
Anche su tombe importanti ho trovato fiori in plastica, spesso abbruttiti dal sole e dalle intemperie, muti testimoni del calo di popolarità dei defunti che ne sono omaggiati: curare una tomba non è impegno, anche economico, di poco conto; allora forse è più saggio lasciare senza fiori i sacelli piuttosto che involgarirli con questi prodotti di scarsa qualità e dozzinali, così in contrasto con la preziosità e pretenziosità delle sepolture: la bellezza dei luoghi imporrebbe degli obblighi, anche di astensione.
Il secondo elemento di disturbo sono le foto di defunti recenti, a colori. I colori invecchiano male, sbiadiscono con una patina di ulteriore tristezza che l’ingiallimento del bianco e nero ci risparmia.
E poi mi sembrano quasi una profanazione: ma come? in un luogo che è tanto morto da essere diventato un museo qualcuno si permette di intrufolarsi e riportare il dolore ai tempi recenti?
Penso alla Gioconda irrisa da Duchamp: le tombe recenti mi sembrano i baffi posticci di un dolore lontano, quasi consunto dagli elementi atmosferici che, impietosi, scaricano polvere e ossidi con equanimità.
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