Ho approfittato della contiguità con l’Epifania per festeggiare, in anticipo, l’onomastico: mi sono concesso un’escursione con l’amica Silvia Sangiorgi, a Chiaravalle della Colomba, nel comune di Alseno, provincia di Piacenza.
Cosa c’è a Chiaravalle della Colomba? beh visto il nome non può che esserci un’abbazia cistercense.
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Molto suggestiva sotto una limpida luce invernale, l’abbazia è davvero meritevole di una visita ed è importante testimonianza della diffusione di un ordine che ha “colonizzato” l’Europa.
All’interno una bella, non straordinaria, Madonna con Bambino quattrocentesca, con Maria che ha, però, una faccia poco rassicurante (Silvia dice che è ipertiroidea); piacevoli anche i ritratti dei santi Benedetto, Pietro, Paolo, Stefano e Maria Maddalena (che assomiglia alla Madonna di prima).Meno interessanti i rifacimenti settecenteschi che “rovinano” decisamente un ambiente altrimenti molto suggestivo.
Simpatico, invece, l’angelo con la tromba che, da sopra la porta dei morti, sembra chiamare tutti al Giudizio che verrà. Delizioso l’organo, se non ricordo male cinquecentesco.
Credo che sarebbe da riscoprire, di fronte ad un oggi, ottuso e chiuso nel proprio orticello che l’Europa sta vivendo, lo spirito di apertura ad ogni terra che contraddistingueva i monaci: se esiste un’Europa è grazie al cristianesimo e al monachesimo in particolare.
Straordinariamente bello il chiostro, conservato che è una meraviglia, con belle (e diverse tra loro) trifore che illuminano la sala capitolare: una visita da non tralasciare ed un luogo, anche in vista dell’Expo, da valorizzare, come i tanti altri che abbelliscono l’Italia.
La presenza dei cistercensi, poi, ha avuto particolare rilievo nella zona del parmense con le abbazie di Fontevivo e di Paradigna (Abbazia di Valserena o di San Martino de’ Bocci) che, sebbene sia conosciuta col nome di Certosa, è appunto, un’abbazia cistercense e fondata proprio dai monaci di Chiaravalle della Colomba.
La nostra porzione di pianura padana potrebbe essere ribattezzata pianura cistercense.
Purtroppo non riesco a ricordare se questo luogo così bello era già stato meta di una visita, secoli orsono, in compagnia di un carissimo amico di allora, Pier Giacomo Spotti.
Le statue che, invece, ornano i dintorni dell’Abbazia sono veramente bruttine, direi che urge un intervento per migliorare l’estetica della zona con sculture di altro livello.
Tornati a Fidenza, abbiamo deciso di tornare a vedere, dopo anni e anni anche in questo caso, il Duomo della cittadina, di cui non ricordavo davvero nulla.
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Molto bello, coi fregi di gran pregio che ne ornano la facciata (particolarmente gustoso Elia sul carro di fuoco).
Sebbene incompiuto, mostra chiaramente i segni del suo autore, Benedetto Antelami, che aveva capacità tecniche non indifferenti.
Dedicata a san Donnino, martire romano, decapitato (e lo si vede con la testa tenuta tra le mani) è un gioiello di quelli che ornava la via francigena, verso Roma.
Sulla facciata si notano il miracolo del ponte (una donna incinta rimane illesa nel crollo di un ponte sullo Stirone, durante una processione in onore del Santo), la visita dei re magi, Simeone che venera Gesù. L’interno, al buio quasi totale, richiede una seconda visita in orario differente.
All’interno un curioso presepe dedicato alla produzione del parmigiano che non so come interpretare: o che anche nei caseifici arriva la salvezza (auspicabile) o “dov’è la vostra ricchezza lì è il vostro cuore”; ha il pregio innegabile di non rappresentare, una volta tanto la santa famiglia rinchiusa in una grotta, povera.
Pomeriggio delizioso, degna conclusione di una tre giorni di riposo.
Il giorno successivo, cioè oggi, quando scrivo, ricorre la memoria di san Luciano di Antiochia, martire, e di san Raimondo di Peñafort, domenicano.
Il primo teologo, il secondo giurista; inutile dire che la preferenza, quanto alla materia va al secondo: mi azzardo a sostenere che Gesù è stato un insigne giurista.
Collocandosi in una storia, come quella del popolo ebraico, di rapporto stretto tra un Signore ed il suo popolo, Gesù ha valorizzato al massimo questa dimensione, appunto, giuridica di legame tra Israele e il Signore, concretizzandola come legame personale e, perciò stesso, universale (cattolico), valido per l’universo (non quello fisico, banale) dei rapporti.
Pietra angolare sulla quale, purtroppo, tanti secoli di cristianesimo hanno mal edificato delle teologie e filosofie ontologiste di stampo greco; hanno sostituito il rapporto con l’essere.
In particolare, san Luciano di Antiochia ha avuto difficoltà ad accettare l’idea che il Figlio fosse generato (propendeva per la creazione, facendone quindi la più alta delle creature): errore di non poco conto, tale da vanificare l’intero cristianesimo.
Ove il Figlio sia oggetto di creazione e non frutto di generazione, ne conseguiranno non pochi mali come possiamo sperimentare oggi e, giustamente, la Chiesa ha stabilito, nel Credo, che il Figlio è génitum, non factum, consubstantiálem Patri.
San Luciano di Antiochia ha riscattato, col martirio, questo errore.
Desidero ringraziare Luana Zaccheroni, Umberto Farina e Gennaro Esposito per la cortesia squisita che hanno avuto nei miei riguardi, mandandomi gli auguri. Grazie!!!