entropia

“L’entropia è anche considerata una misura del disordine e dell’indifferenziazione di un sistema, e come tale viene assunta anche al di fuori del campo strettamente fisico”.

All’entropia aggiungo gli episodi di una sitcom americana che ho scoperto di recente e che mi ha appassionato: “The big bang theory”; storia di 4 geni che lavorano al California Institute of Technology e che sono assolutamente fuori di testa.

Ci aggiungo il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett che vive di “situazioni e dialoghi surreali, costituiti da squarci di quotidianità scomposti e rimontati in modo da creare un effetto comico e tragico al tempo stesso”.

Cosa lega questi tre termini? La situazione che sto vivendo in questo periodo.

Sembra tutto surreale e, nel mio caso, anche molto divertente.

Mi è accaduto raramente di trovarmi a ridere così tanto, sebbene sia un riso amaro perché non trovo altro, attorno a me che lamentele, invidie e sconforto.

Non parlo del lavoro, sia chiaro, lì è l’unico luogo in cui trovo positività, soddisfazione e riconoscimenti.

Mi sono stati di aiuto alcuni post di Giacomo Contri, che richiamano alla memoria dei criteri di giudizio che spesso rischiano di finire nel dimenticatoio, travolti dalle mille vicissitudini che bisogna risolvere quotidianamente.

Uno di questi post parla del vuoto di potere, il che ha a che fare con la legge di Gersham di cui ho già parlato: “la moneta cattiva scaccia quella buona”; il vuoto di potere lascia libero uno spazio che verrà inevitabilmente occupato da qualcosa …

Un altro post ha a che fare con l’intelligenza artificiale, evidenziando che l’intelligenza è, per definizione, artificiale, non ne esiste una versione per così dire “naturale”.

Stesso discorso vale per la stupidità e la cattiveria.

L’uomo è l’unico essere sulla terra che sia artificiale, tutto il resto è natura, cioè indifferenza.

L’appuntamento, ad esempio, è comportamento dell’uomo (si potrebbe dire che lo definisce? anche nel trasgredirlo), inesistente in natura, anzi la sua migliore invenzione che, però, ha avuto poco successo.

Riprendendo sempre da Giacomo Contri un’immagine, quella del banchiere, che è ben contento se l’opera da lui finanziata ha successo (un’opera da lui non pensata), è vero anche che quel finanziamento non resterà senza data di riscossione e, quello stesso banchiere, agli inizi propizio, diverrà un implacabile mastino nel rivolere indietro i propri investimenti.

Serve citare la parabola dei talenti?

Il padrone che si allontana non dà indicazioni su come gestire il denaro: non c’è un modo unico, ognuno si inventi il proprio.

Ma il padrone torna e chiede conto di ciò che è stato fatto ed è illuminante la risposta del servo infingardo che obietta: “so … che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso”.

Tremenda la risposta del padrone: “Il padrone gli rispose: «Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse.”

La sanzione, durissima, cui è assoggettato il servo non è per il mancato guadagno (o meglio non soltanto per quello) ma per il mancato lavoro, cioè la mancata coltivazione di un pensiero di partner, tramite il quale è possibile un guadagno: per gli altri servitori, che quel pensiero hanno fatto proprio, la sanzione (non voglio chiamarla ricompensa) non è una retribuzione, non deriva da una suddivisione equa dei beni.

C’è qualcosa di molto di più, un qualcosa di imprevedibile, cioè non programmabile, non naturale.

In questo lavoro c’è ambizione.

La sitcom che ho citato all’inizio, come le situazioni del teatro dell’assurdo sono rappresentazioni (l’una molto popolare, l’altra colta) di come il regime dell’appuntamento sia la pietra angolare scartata dai costruttori.

Parma, 2 maggio 2021V domenica di Pasqua e memoria di sant’Atanasio, vescovo e dottore della chiesa

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