Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach

Ho terminato la lettura di un libro leggero e veloce, La vera storia della Principessa Sissi e dell’anarchico che la uccise, di  Renzo Castelli.

Un libro che si legge bene, senza intoppi, ma niente di entusiasmante mi aspettavo di più.

Certo scoprire che il vero soprannome di Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, Sissi era un altro, oppure che non è mai stata principessa (essendo passata da duchessina a imperatrice) può essere sconvolgente, ma premesso che a queste rivelazioni sono sopravvissuto assai agevolmente, ho apprezzato la descrizione che l’autore fa di questa donna entrata nel mito.

L’avevo già saputo da altre fonti ma ne ho avuto la conferma: la povera Sissi, continuo a chiamarla così perché mi piace, era una terribile isterica, per non dir di peggio, incapace di vivere a corte (che avrebbe potuto, con calma, riformare), col partner, coi figli.

Una donna impossibile, vittima della sua anoressia e del culto maniacale della propria bellezza, un Narciso in gonnella.

L’imperatore Francesco Giuseppe, cui va tutta la mia stima e simpatia, commise però un grave errore, immagino non l’unico, a sposare una ragazza che non era all’altezza del ruolo.

Per quanto provato da numerosissimi lutti non ha mai abdicato, come si addice ad un imperatore austriaco, grande Francesco Giuseppe.

Di Luigi Luccheni l’autore racconta la poco credibile inclinazione anarchica ed effettivamente sembra più la descrizione di un invidioso che di un anarchico. A nostro disonore ho scoperto che era originario del parmense e lavorò non molto distante da dove abito.

Un soggetto che ha qualche buona idea, cioè iniziativa, che si muove in giro per l’Europa in cerca di opportunità che poi spreca per compiere un omicidio assurdo.

La tomba di Sissi ho avuto occasione di vistarla un paio di volte, a Vienna; non che fosse lei a interessarmi quanto il luogo dove anche lei riposa, la Kaisergruft o Kapuzinergruftcripta dei cappuccini.

Ricordo la prima volta che ci andai, ero in gita con l’IPA di Riccione; vennero con me due militari della guardia di finanza che, però, si trovarono un po’ a disagio tra tutte quelle tombe.

 Scontato che il luogo sia leggermente lugubre, ma i sacelli fantastici che custodisce lo rendono un posto non trascurabile per chi visita quella splendida città che è Vienna, che testimonia ancora oggi il ruolo di grande capitale e di luogo di civiltà che è stata nei secoli.

Conosciutissimo, meritatamente, il sacello dell’imperatore Carlo VI, famoso per il teschio coronato con la corona del sacro romano impero, capolavoro barocco davvero bellissimo; non meno interessante la tomba di Maria Teresa d’Austria e marito; ricordo anche la semplicità, impreziosita da alcuni fiori, della nostra Maria Luigia, duchessa di Parma, molto amata dai parmigiani (e immagino la poverina come soffra per noi, a vederci così malridotti, oggi).

Ci sono tornato con Agostino, alcuni anni dopo, ma il fascino è stato il medesimo.

Una città bellissima, col respiro di una capitale, e con la cripta dei cappuccini che è testimone silenziosa del potere, del suo splendore e della sua vacuità.

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