Ho fatto la staffetta in occasione dell’ultima tornata elettorale, attività stancante per gli orari, ho terminato infatti alle 4.30 del mattino, ma che mi ha fornito alcune gratificazioni, prima tra tutte la conoscenza di due giovani finanzieri coi quali ho condiviso svariate ore di piacevole compagnia.
Non ne farò i nomi non avendo chiesto il permesso, ma li voglio ringraziare perchè sono stati disponibili e cortesi, con squisitezza.
Non aggiungo altro.
Sono stato tentato di lanciarmi in valutazioni sull’esito delle elezioni ma preferisco astenermi perchè mi accorgo che sarei parziale e, almeno in questi giorni, preda di una certa faziosità da contrapposizione di opposte schiere che non è il caso di coltivare.
Cito, come caso emblematico, quello del ministro Marco Minniti: un ministro che ha lavorato con serietà e competenza e che è stato sconfitto da non so nemmeno bene chi.
Non condivido nulla della parte politica del ministro, né sposo tutto quel che ha messo in atto ma gli riconosco di essere stato uno di quei ministri che ha frequentato poco i talk show ed ha lavorato, il che è un merito non di poco conto. Ebbene questo ministro è stato sconfitto semplicemente perchè gli elettori, come in una partita di calcio, si sono schierati secondo opposte tifoserie, “l’un contro l’altro armati”, senza valutazione della realtà.
Ho citato volutamente l’esponente di una parte che non ha certo né il mio sostegno, né la mia simpatia.
Mi sono accorto che l’emozione del momento è cattiva consigliera perchè ottunde il pensiero, scoperta banale ma ogni tanto è bene ricordarselo ed ammettere che non tutto è buono ciò che alberga nell’animo.
Anche di fronte all’uccisione del venditore ambulante senegalese di Firenze credo sia utile il silenzio, la politica dovrebbe tacere e così la violenza.
Quando un uomo decide di ucciderne un altro, senza alcun motivo, almeno per come sembra al momento, serve silenzio e riflessione.
Le reazioni violente e le dichiarazioni di un certo sedicente rappresentante della comunità senegalese sono il solito sistema per creare identità in opposizione a qualcun altro, per legare e guidare gruppi tenuti assieme dall’emotività del momento e quindi per fare investimenti politici per il futuro.
Di fronte alle dichiarazioni del senegalese, curiosamente, nessuno ha parlato di sciacallaggio, cosa di cui si è sempre accusato Salvini: se Matteo Salvini usa di fatti di sangue in cui sono vittime italiani ed accusati cittadini extracomunitari fa opera di sciacallaggio; se l’identica cosa viene fatta da un senegalese, non c’è esponente politico che gli ricordi che non è cosa buona sfruttare politicamente per propri fini un episodio luttuoso, che deve essere valutato in ben altro modo.
Non intendo giustificare Salvini, com’è ovvio, ma sbugiardare tanta ipocrisia.
Mi chiedo poi: serve un motivo per uccidere un uomo? o non, piuttosto, serve un motivo per tenerlo in vita?
Perchè l’uomo ha smesso di applicare la legge del taglione, che in fondo era la più giusta delle legislazioni?
La legge del taglione è assolutamente equa: chi ha ucciso deve patire il medesimo supplizio, così che né il potente né il misero possano sottrarsi alla punizione.
Allora perchè l’uomo ci ha rinunciato?
Non per comandamento di Dio, anche se col Quinto Comandamento ha fatto sua l’idea e nemmeno per legge dello Stato, che ha mutuato da altri questo pensiero.
Dunque perchè uccidere o non uccidere un uomo?
Parma, marzo 2018 memoria di san San Giovanni Ogilvie