Giunge infine l’ora fatale: per non correre il rischio di sentirmi dire che i biglietti erano esauriti mi sono recato di buon’ora, erano le 07.58, all’ingresso del museo del Prado la cui apertura era prevista per le 10.00.
Cosa attirava tanto la mia attenzione? L’esposizione dedicata a El Bosco, Hieronymus Bosch, nel cinquecentesimo anno dalla morte.
Questa mostra avevo desiderato ardentissimamente di vederla; messa a rischio dall’insipienza di taluni, salvata dall’improvvido infortunio che ha visto la parte sinistra (tutto il mio lato sinistro è un catorcio, recentemente infatti ho sistemato la deviazione a sinistra del setto nasale) del collo cedere di schianto di fronte ad un brusco movimento.
San Toradol mi ha rimesso in piedi (perlomeno ha alleviato il dolore) e sebbene la mobilità non fosse ottima e nemmeno buona, tuttavia girando il collo assieme al corpo ho potuto alleviare i disagi (peraltro ho scoperto la mia intolleranza al Toradol che mi ha provocato altri pesanti e fastidiosi problemi).
Sono dunque in coda; davanti a me ci sono 7 persone e la cosa mi sembra così curiosa che decido di documentarne la presenza; con loro trascorrerò due ore di attesa fino a che, verso le 09.30 il personale del museo non inizia a sistemare le vie di accesso e qui succede l’imprevisto.
Gli organizzatori invitano coloro che sono privi di prenotazione, come il sottoscritto, a spostarsi a fianco della scala d’ingresso ed attendere lì l’apertura della biglietteria, rispettando, ma non era ovvio?, l’ordine di arrivo.
Tra i primi arrivati non c’è stato nessun problema mentre tra coloro arrivati più tardi c’è stata qualche turbolenza tanto che davanti a me si era formato un bel gruppetto di persone, una trentina circa, intenzionato a imbucarsi e saltare la fila.
In quel frangente ho mostrato ai miei vicini, tra i quali una coppia con marito decisamente combattivo, la foto che avevo scattato: in un istante la mia macchina fotografica è passata di mano in mano (con qualche preoccupazione da parte mia) ma neanche questa prova regina è bastata a rimettere ordine tanto che sono dovuti intervenire due poliziotti della polizia nazionale, due di quella municipale (di cui uno armato di un fucilone che faceva spavento) e due addetti alla sicurezza del museo.
Grandi discussioni ma alla fine l’ordine è stato ristabilito e la giustizia ha stranamente trionfato: i primi arrivati, tra i quali ovviamente io, sono stati riposizionati nelle corrette pole positions mentre gli altri sono stati ricacciati indietro.
Devo dire che questo è un grosso neo che ho trovato nell’organizzazione; l’unico neo ma non di poco rilievo.
Comunque i cancelli alle 10.00 aprono e finalmente arrivo a visitare quel che tanto ambivo vedere: le opere esposte non sono tante, in totale 53, non tutte di El Bosco alias Hieronymus Bosch; alcune erano già nel museo e le avevo già viste in precedenza, ma l’esposizione merita e l’ho visitata con attenzione e soddisfazione.
Di Bosch conosco poco o nulla ma ogni volta che ho incontrato una sua opera sono rimasto incantato.
All’inizio c’è una bella tela con la piazza del mercato del paese natale del Nostro, ‘s-Hertogenbosch, che sarei curioso di sapere come si pronuncia, poi un suo ritratto, opera di Cornelis Cort, ma pur belli, sono opere di contorno, così come lo sono l’Elefante assediato o Gli amanti con un matto vicini alla fonte di Alart du Hameel.
In tutte le grandi mostre ci sono sempre un bel po’ di opere che preparano o completano l’opera dell’autore principale; nessuno lo ammetterà mai ma spesso queste servono per riempire un’esposizione che sarebbe troppo scarna.
Veniamo a noi: ecco L’adorazione dei magi, dal Met di New York, identico soggetto da Philadelphia e in versione trittico, del Prado. Rotterdam ha prestato un san Cristoforo con Gesù bambino, mentre Gand un san Gerolamo in orazione e Lisbona il Trittico delle tentazioni di sant’Antonio Abate, opera ripetuta in altre due versioni.
Poi c’è san Giovanni Battista in meditazione e quello Evangelista a Patmos con il verso che riporta la Passione di Cristo; poi altre opere ancora.
Devo dire che la mostra è davvero bella, merita la visita e le pene che ho patito.
Bosch sembra un pittore visionario ma probabilmente appiccicargli una definizione di questo genere è sminuirlo; sto leggendo il catalogo per cui ci ritornerò quando l’avrò terminato.
Per ora ho scoperto che il pittore viene da una famiglia che per generazioni ha svolto analogo mestiere; abitava nella piazza del mercato, anche se non nel lato più importante ma comunque indizio di una certa agiatezza. Si è sposato con una ragazza di più elevato censo e lignaggio e questo gli ha consentito di lavorare con tutta tranquillità, senza l’assillo del denaro e di trasferirsi a vivere e lavorare in unabitazione della medesima piazza ma nel lato più prestigioso.
Ha ovviamente fatto parte della confraternita più importante del paese che gli ha conferito vari lavori ma di lui le notizie sono molto scarne oppure relative ad opere o scomparse o che i contemporanei (cioè noi) considerano di scarso valore, come le dorature di oggetti, attività, però, che offriva occasioni di lavoro per gli addetti alla bottega, nella quotidianità.
Due temi interessanti spero di poter riprendere: per un verso l’idea che ho letto da qualche parte che le indicazioni morali di Bosch sono orientate a evitare il male, non a fare il bene; per altro verso l’idea, credo diffusa, della pietra della pazzia che sarebbe da estrarre dalla testa per guarire il folle.
Dopo l’esposizione temporanea, quindi Bosch, mi sono goduto la visita del Prado.
L’unico difetto di questo museo, come di tutti i suoi omologhi, è che contiene troppi capolavori che, dopo un po’, stordiscono ed io sono uscito stordito dal Prado, dopo 6 ore, senza mangiare nè bere come mio solito.
Cosa mi è piaciuto in particolare faccio fatica a dirlo perchè tali e tante opere mi hanno incantato.
Cito qualche autore, giusto per dare un’idea dei gusti: sopra tutti Velázquez ma anche Mantegna, Antonello da Messina, Goya, van der Weiden, Memling, El Greco, Rembrandt, Ribera, Brueghel, Dürer, Tiziano .
Mi sono appuntato, Le tre età di Hans Baldung Grien, il ritratto di Tommaso Moro, Adamo ed Eva di Dürer, Fusilamiento de Torrijos y sus compañeros en las playas de Málaga di Antonio Gisbert; Los amantes de Teruel di Antonio Muñoz Degrain, Conversión del duque de Gandía e El príncipe don Carlos de Viana di Josè Moreno Carbonero.
Goya mi lascia indifferente con le due Maya, vestite o meno non mi dicono molto, ma il resto della sua produzione è fantastico; in particolare, ad esempio, El general don José de Urrutia, Cristo crucificado, La reina María Luisa a caballo, Fernando VII en un campamento, Carlos IV a caballo, e mi fermo qui.
Di Murillo mi è piaciuta moltissimo la Sagrada Familia del pajarito perchè c’è un san Giuseppe che non è il solito vecchio babbione e Gesù è un simpatico bambino che gioca allegramente con un passerotto.
Molto bello il Martirio de San Felipe di Josè de Ribera così come il Cristo abrazando a San Bernardo di Francisco Ribalta poi Tiziano e Velázquez.
Velázquez merita un discorso a parte perchè è un autore che avevo già visto altre volte ma stavolta è sbocciato l’amore; ovvio che un quadro come Las meninas lasci inquieti e pensierosi, ma tutte le sue opere, i ritratti dei sovrani come quelle di nani e buffoni sono una meraviglia; è un autore che devo conoscere meglio perchè è ben a ragione patrimonio dell’umanità (con decreto mio).
Anche le porcellane sono di grande interesse; Giove che fulmina i giganti, Apollio e Marsia o i Baccanali, tutte di grandissima bellezza.
Curiosa anche la copia in formato ridotto dell’obelisco Flaminio che si trova a Roma in piazza del Popolo, dono del Papa Pio IX ad Isabella II.
In marmo la Danza de niños con el dios Pan, la statua del cacciatore Meleagro, Oreste e Pilade, Antinoo, Diadúmeno, ma tutta la collezione di sculture merita già da sola la visita.
Uscendo dal Prado mi sentivo pieno di voglia di scoprire, approfondire, capire meglio, insomma uno stimolo fortissimo per ulteriore lavoro, il che significa un giudizio positivo sull’esperienza vissuta.
Il Prado è un museo fantastico.