Il due agosto sono andato a Bologna, con tanto di gonfalone al seguito; l’ultima volta risaliva a tanti anni fa, probabilmente a quando lavoravo ancora a Cesena.
L’occasione, tragica, mi rimanda ad un momento, per me, felice: mi trovavo allora a Linkenheim, un paese vicino a Karlsruhe, ospite dei miei cugini.
Mia prima uscita all’estero che ricordo come un’esperienza mitica (tra l’altro per le pantagrueliche scorpacciate di funghi porcini e galletti cucinati in ogni modo e maniera).
In quei giorni andammo, io col cugino di un’altra coppia di italiani, il mitico Gennaro, da soli, di sera, nel capoluogo dove ci mangiammo i wurstel con le patate fritte e scoprii l’esistenza di bicchieri da birra di 5 litri (c’era un tedesco vicino a noi che in solitudine beveva e beveva e continuava silenziosamente e tristemente a trincare.
Ricordo anche l’escursione al laghetto sulla cui isola (raggiungibile a piedi percorrendo un sentiero comunque sott’acqua) stavano i nudisti (una famigliola) la cui sola parola rinviava a inconfessabili, libertini e lubrichi comportamenti (inutile dire che erano tendenzialmente inguardabili e improponibili per qualunque fantasia erotico adolescenziale, una delusione quasi fantozziana).
Durante questa straordinaria vacanza di sedicenne timidissimo e impacciatissimo (anche di più), ricordo la notizia, che ci traduceva mio cugino, della tv tedesca, ed alcune immagini, di una scena in bianco e nero, di tragedia.
Tutto era così lontano e frammentario che non vissi quell’orrore che, probabilmente, in Italia fu pensiero diffuso.
Tornarci dopo 35 anni per ricordare ufficialmente quell’episodio è stato positivo.
Del 2 agosto non aggiungo altro se non un rimando all’ottimo blog di quel monellaccio impertinente e graffiante, poeta, scrittore, critico (io direi un supercaliffo carpiato con avvitamento) che è Francesco Gallina.
Ne ho anche approfittato per salutare vecchi colleghi di Rimini, Cesena e Modena oltre che qualche altro viso noto e i colleghi frontalieri di Torrile che trovo particolarmente simpatici e apprezzabili.
Tornato a casa, scopro la parte negativa della giornata: mia mamma seduta con un ginocchio insanguinato: era inciampata in mattinata e caduta in avanti: ginocchio sanguinante, mani livide e spalla bloccata; ogni movimento una smorfia di dolore ma andare al pronto soccorso manco a parlarne.
Ho poi anche saputo che l’unico zio che ho da parte del ramo maschile dei miei ascendenti è ricoverato in ospedale, insomma una catastrofe.
In questo trambusto mi veniva in mente un brano letto una delle ultime sere (ho iniziato nuovamente a leggere la Bibbia continuativamente, senza saltarne alcun brano, nemmeno i più noiosi), tratto dal libro dei Numeri, capitolo 6:
22 Locutusque est Dominus ad Moysen dicens:
23 “ Loquere Aaron et filiis eius: Sic benedicetis filiis Israel et dicetis eis:
24 “Benedicat tibi Dominus et custodiat te!
25 Illuminet Dominus faciem suam super te et misereatur tui!
26 Convertat Dominus vultum suum ad te et det tibi pacem!”.
27 Invocabuntque nomen meum super filios Israel, et ego benedicam eis ”
che in italiano, decisamente più prosaico suona:
22 Il Signore aggiunse a Mosè:
23 “Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli Israeliti; direte loro:
24 Ti benedica il Signore e ti protegga.
25 Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio.
26 Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace.
27 Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò”.
Mi chiedevo cosa c’entra con la mia vita questa benedizione, cosa posso farmene.
Mi viene da associare la benedizione alle parole di Giacomo Contri dedicate ad Eta Beta, in particolare il suo notare che questo personaggio non ha ombra e non ha necessità di far ombra a nessuno.
Devo pensare a quale legame tra la benedizione degli ebrei ed Eta Beta.