Nell’ultima decina di giorni di giugno ho la consuetudine di concedermi un viaggio (ai bei tempi in cui mi era possibile) o almeno una breve escursione in giornata, quest’anno la meta è stata Firenze, in occasione di una splendida iniziativa, la mostra dedicata a Donatello, intitolata Donatello, il Rinascimento, su iniziativa della Fondazione Palazzo Strozzi e Musei del Bargello.
Un secondo obiettivo era il Museo di San Marco, ma di questo in altra occasione.
Sono arrivato a Palazzo Strozzi, senza prenotazione perché non ero certo degli orari in cui iniziare la visita: ho fatto una breve coda, massimo una decina di minuti, forse meno, ed eccomi alla mostra.
Uno splendore, una mostra davvero bella: Donatello ha inventato soluzioni che hanno segnato l’intero corso della storia dell’arte, dando inizio al Rinascimento.
Grandissimo scultore, versatile nell’utilizzo dei materiali, ha saputo utilizzare la prospettiva con un taglio molto espressivo, in modo da rendere la psicologia dei personaggi.
Una mostra come questa rendeva indispensabile l’acquisto del catalogo perché troppe erano le suggestioni da memorizzare al momento; la mia ferma intenzione è naufragata contro gli scogli del prezzo, 70 euro se non ricordo male, davvero troppi anche per un visitatore entusiasta come me.
Ma torniamo a Donatello, che ho scoperto essere oltre che scultore, intagliatore e orafo, abilissimo nell’utilizzare tecniche e materiali diversi tra loro, spaziando da marmo, bronzo, terracotta, legno, stucco, rame sbalzato, cartapesta, paste vitree, per arrivare alle ceramiche: il suo posto, nella storia dell’arte è sicuramente sottovalutato ed uno dei meriti di questa mostra è proprio quello di avere acceso dei riflettori su una figura che ha certamente un’importanza fondamentale per gli sviluppi della scultura.
Allievo e amico di Brunelleschi, proprio a inizio del percorso della mostra, come sfondo del David vittorioso, fanno bella mostra di sé due Crocifissi, quello di Santa Croce e quello di Santa Maria Novella, quasi a testimoniare una continua tenzone, non armata ma artistica, tra i due; in Brunelleschi la figura del Crocifisso è “idealizzata”, studiata si potrebbe dire more geometrico, mentre in Donatello prevale l’aspetto di realismo, di imitazione della natura per cui i due corpi sono totalmente diversi tra loro pur uniti dall’identità di soggetto.
Un’opera che mi ha particolarmente colpito è stato il San Ludovico di Tolosa, opera ottenuta con la tecnica della cera persa, mediante fusione di vari pezzi poi assemblati: le chiroteche, il mantello con l’elaborato panneggio, la mitra, insomma le insegne pontificali quando sono particolarmente poco sobrie non possono che scatenare la mia predilezione.
Ma che dire degli stiacciati? a parte il termine, che ignoravo (come al solito), la tecnica è raffinatissima, quasi un dipinto di pietra grazie ai volumi resi in spessori di pochi millimetri.
Le Madonne Pazzi di Berlino e Hildburgh di Londra ne sono una testimonianza eloquente: in pochi millimetri lo scultore riesce non soltanto a rendere le figure ma a svelarne il tenero affetto che lega la madre al figlioletto.
Ed è possibile ignorare la terracotta? Donatello le conferisce dignità ed autonomia rispetto a ben più nobili materiali, il che ha benefici effetti sulla riproducibilità delle opere, effetto secondario da non sottovalutare.
Ci sono anche una serie di puttini o spiritelli, anche in questo caso Donatello è un innovatore che introduce un tema che avrà successo costante fino al barocco: la rappresentazione di bambini nudi e giocosi che oggi scatenerebbero le inquisizioni dei tribunali per i minorenni.
Come dimenticare le due teste, di cui una monumentale, di cavallo e san Giorgio e il Drago e il David (conservato al Bargello)?
Una mostra, insomma, che mostra a tutto tondo la maestria di un uomo che ha saputo lasciare un patrimonio nella storia dell’arte che molti hanno saputo riprendere e valorizzare: senza Donatello il mondo sarebbe meno ricco e bello.
Firenze, 22 giugno 2022 memoria dei santi Tommaso Moro e Giovanni Fisher martiri