Il 16 dicembre di quest’anno ricorre il dodicesimo anniversario della mia dipartita da Rimini per iniziare l’avventura in quel di Modena: 12 anni fa, era giovedì, non ero sicuramente al convegno di Riccione ma a conoscere i miei futuri colleghi.
Di chi ho lasciato, a partire da Umberto Farina, che è stato il mio nume tutelare negli anni riminesi, ho già trattato e non mi ripeterò, così di chi ho conosciuto, uno tra tutti l’ottimo Paolo Piccinini, in quel di Modena.
Nei giorni scorsi, avvicinandosi questa data così significativa, mi è venuto da pensare che sono stato molto più fortunato di quanto non avessi mai ipotizzato a lasciare Rimini, visti gli sviluppi successivi.
Tralasciando il fatto che avrei avuto una chance per diventare funzionario solo dopo tanti anni, sono sicuro che non avrei fatto una buona fine.
Non è mai utile fare storia controfattuale ma se considero che hanno trasferito Umberto in quel di Viserba, di fatto svalutando un patrimonio di competenze praticamente unico in quel comando, posso ipotizzare che, nell’ordine ci avrebbero separato e mi avrebbero messo con qualche ufficiale di quelli che non ho mai stimato e che sicuramente non mi avrebbe valorizzato.
In realtà avrebbe potuto accadere anche che finissi in qualche plaga marginale dove vivere nell’ombra trascinandomi verso la (allora lontanissima) pensione.
Se penso a una bella serie di volti noti che hanno fatto carriera dopo quel famoso e famigerato concorso in cui arrivai dodicesimo, mi vengono i brividi.
Già una piccola anticipazione l’avevo avuta quando mi trasferirono all’ufficio studi, dove rimasi poche settimane: dal trovarmi a lavorare con un pc portatile su una sedia in corridoio (causa malattia della responsabile e conseguente impossibilità di accedere all’ufficio) al compito di scrivere una lettera di poche righe (forse 4 o 5 al massimo) correttami almeno altrettante volte, per finire con l’impegnativo incarico di redigere l’elenco telefonico interno, queste furono le imperiture tracce che lasciai durante quel prestigiosissimo incarico.
Un’altra testimonianza l’ho avuta quando, dimessomi, la mia ex capa, scrisse al comandante per chiedere, inaudita altera parte, l’abbassamento del voto in pagella.
Conservo ancora quella lettera, ottenuta grazie al santo istituto dell’accesso agli atti, capolavoro di ipocrisia ma anche certificazione del mio essere un’autentica peste, ai limiti dell’ingestibile.
Parlando di pagelle e andando a ruota libera, un vero e proprio amarcord, ci fu una volta che mi venne affidato l’incarico di redigere le pagelle; ovviamente non proveniva da Umberto questa richiesta (lui le sue responsabilità sapeva prendersele, sempre) ma la mia capetta di allora mi disse quali voti dare per ciascun componente della squadra, lasciando a me il compito di spalmare i parziali in modo che il risultato finale fosse quello da lei voluto.
Così feci ma accadde che uno dei colleghi, peraltro un emerito imbecille, non si trovò d’accordo, sentendosi sottovalutato in alcune aree dove riteneva, invece, di essere fortissimo; pleonastico aggiungere che l’ego di cotal collega era tale che si aspettava il massimo del massimo del massimissimo in ogni valutazione, ma questa è una divagazione.
Il tipo venne da me, spiegandomi le rimostranze che intendeva presentare; provai a spiegargli che ero io l’artefice di quei voti parziali ma che erano dovuti non alle valutazioni delle varie prestazioni quanto, piuttosto, alla necessità di far tornare il voto finale.
Lui non volle capire e mi chiese, in amicizia, di dargli una mano a scrivere il ricorso, cosa che feci per togliermi dai piedi quell’insistente fardello; venne così protocollato il ricorso scritto da me contro le valutazioni parziali da me assegnate.
il comandante del tempo cosa fece? chiese alla capetta le dovute spiegazioni e una adeguata risposta alle critiche avanzate dal ricorrente; potete già intuire quel che accadde: mi venne dato l’incarico di scrivere le precisazioni alle critiche da me scritte per le valutazioni da me operate.
Ho avuto a che fare con personaggi di tal fatta, il che mi ha irrobustito le spalle e fornito infinito materiale all’ironia che ho spesso utilizzato per non mandare tutti apertamente ad un certo paese che è meglio non precisare.
Non che io non abbia fatto la mia parte: da sempre ho un carattere spigoloso, poco incline a sopportare la ritenuta stupidità altrui: ammetto senza remore di essere molto bravo a rendermi odioso quando non voglio intrattenere rapporti con persone di cui non ho stima.
Visto che è il dodicesimo anniversario, che ero arrivato dodicesimo al concorso (anche lì mi trovai nella scomoda posizione di essere nel mezzo tra opposte fazioni), mi è venuta in mente una commedia del Bardo, “La dodicesima notte”.
Come unica motivazione di collegamento, a parte il numero, mi vien da dire che è proprio il fatto che è una commedia, mentre io prediligo normalmente le tragedie.
Una commedia degli equivoci, che si sbrogliano e tutto finisce bene, salvo per il povero Malvolio, il maggiordomo arrivista e presuntuoso.
Finisce bene, com’è finita bene la mia avventura riminese, di cui conservo tanti ricordi piacevoli, anche quelli che sembravano negativi ma che, guardati con la giusta prospettiva, hanno permesso di giudicare le persone coinvolte e lasciarle nel loro brodo.
Mi torna in mente un altro ricordo: quando avevo l’ufficio in via Euterpe avevamo l’incarico, come ufficio, di svolgere il servizio scolastico sulle strisce pedonali a pochi metri di distanza; il giorno era il martedì pomeriggio.
Quando svolgevo questo servizio con la mitica Silvia Semprini (detta Piccola Porky’s) splendeva il sole e lavoravamo con allegria mentre quando lo faceva l’altra collega, conosciuta come autosfigante (più un programma che un soprannome), regnava il malumore e spesso pioveva.
Immaginate di quali frizzi e lazzi era destinataria perché noi sempre asciutti e sorridenti e lei ed il suo collega del momento tristi e bagnati.
Dovrei arrivare al dodicesimo aneddoto per rispettare questo clima di dodicesimi ma evito di annoiare oltre; ricordo, tuttavia, che 12 è un numero estremamente significativo, almeno per il mondo culturale cui mi ispiro; nella Bibbia esso è segno di perfezione e completezza; 12 i figli di Giacobbe, le tribù di Israele, le porte della Gerusalemme celeste, gli apostoli, 144000 i salvati (12X12X1000).
Per le ragazze ebree i 12 anni sono il momento in cui diventano responsabili nei confronti della halakhah, la legge ebraica; per i ragazzi, invece, è il 13 anno (festeggerò solennemente il prossimo anniversario).
Al momento di pubblicare questo post mi sono accorto che, in realtà, festeggio il tredicesimo anniversario, quindi divento oggi maggiorenne per la legge ebraica, il 17 (giorno in cui scrivo il post, festeggio il mio Bar mitzwah); non riscrivo o cancello nulla perché credo di avere compiuto un bel lapsus, ma ci lavorerò in un’altra occasione.
Mi viene, in parte, da spiegarlo con quel buco nero rappresentato dal servizio prestato in due unioni di comuni dove ho conosciuto ottime e splendide persone (intendo colleghi, sia chiaro) ma che, professionalmente, ricordo come una totale perdita di tempo e professionalità.
Un affettuoso saluto a tutti gli amici riminesi ed uno non meno intenso a quelli modenesi che mi accolsero con tanta squisita cortesia.
Vediamo cosa mi riserverà il futuro; come ogni anno il prossimo anniversario significativo si avvicina a grandi passi, il 31 dicembre, primo giorno di servizio in quel di Parma.
Parma, 16 dicembre 2023 memoria di Sant’ Adelaide Imperatrice